Amy X Neuburg:
Ghost
World
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di Amy X Neuburg
Dec. 4, 2002
Mi piacerebbe
chiedere a qualche teenager la sua opinione su Ghost World. Immagino
che il tipico teenager americano potrebbe ammirare Enid, la diciottenne
protagonista del film (interpretata da Thora Birch), per quella sua
diversità così sicura di sé in un periodo della
vita in cui di solito non si è incoraggiati a essere differenti.
Ma le sottigliezze che rendono questo film molto più di una
celebrazione dell’individualismo potrebbero non essere colte da una
mente giovane. Sebbene parli di teenager, questo film non è
PER i teenager ma per quelli di noi il cui
cinismo si è nutrito dell’esperienza e che perfino adesso
sentono di "non riuscire a mettersi in relazione con il 99% dell’umanità"
– per usare le parole di Seymour (che presenterò più
avanti).
Però mi
chiedo se noi disadattati siamo davvero solo l’1% della popolazione.
I film che mi interessano di più sono quelli che in questo
paese vengono considerati d’essai
– quelli che non hanno grossi budget né effetti speciali né
supereroi ma che parlano schiettamente dei tratti peculiari della
gente normale (o che ci appare tale) e che condividono il mio disincanto
nei confronti delle norme sociali con il prestare attenzione, soprattutto
attraverso i dialoghi, agli sgradevoli e
irragionevoli violatori delle norme. Da ciò si potrebbe
dedurre che il 99% della popolazione troverà Ghost World insopportabilmente
irritante e i suoi personaggi sgradevoli, il che costituisce esattamente
il motivo per cui il film è stato relegato nel circuito d’essai. Credo invece che la gran parte di noi abbia
sentito una volta o l’altra di non riuscire a mettersi in relazione
con il 99% della popolazione. Chi non ha sofferto a causa della solitudine
derivante dall’essere incompreso?
Chi non si è mai sentito acutamente
conscio delle proprie scomode peculiarità
e non si è interrogato sul proprio ruolo nella società?
"I creeps, i perdenti e gli strambi" dice Enid. "Questi
sono la nostra gente". E lei ne è fiera, sebbene non sia
sicura di se stessa, e noi siamo fieri di lei per avere il coraggio
di nutrire la propria stranezza mentre continua a cercarne il significato.
Chi non
ha voluto fare un’osservazione sincera a una donna grassa che ordina
dell’altro burro sul suo popcorn o chiedere a un cameriere timido
"Ti dispiace se ti chiamo Al Lo Strambo"? Le ragazze di
Ghost World – Enid e la sua migliore amica Rebecca – dicono quello
che pensano nel modo in cui tutti noi vorremmo farlo. Possono perdere
il lavoro per questo, ma noi le ammiriamo, e ridiamo sia per il disagio
che per il sollievo. Questo disagio comico è onnipresente
in Ghost World, cosicché il film ondeggia sul confine tra la
commedia e il dramma. Nel negozio di video a noleggio l’ho trovato
nel settore "Indipendenti". Può essere che il film
semplicemente non abbia avuto l’appoggio finanziario per essere distribuito
oltre il circuito d’essai, ma è
verosimile che il suo punto di vista indipendente gli abbia impedito
di ottenere un appoggio finanziario già in partenza nonostante
esso fosse potenzialmente in grado di ottenere un vasto gradimento.
Questa è la classica, futile sfida per tutti gli artisti americani
che cercano di esprimere idee originali; le grosse compagnie impongono
quello che la gente potrà vedere.
Ecco la storia
in breve: due amiche del cuore decisamente iconoclaste hanno preso
il diploma alle superiori in qualche parte dell’America
qualunque e ora, trovandosi di fronte
un futuro incerto, devono capire come procedere. A causa di quello
che inizia come una burla crudele, Enid si trova ad aiutare l’eccentrico
e solitario Seymour, interpretato in modo assolutamente convincente
da Steve Buscemi. Seymour, fissato con la musica e gli oggetti dei
"tempi andati", è forse una variazione di mezza età
e perfettamente dispiegata di quello che Enid si vede destinata a
diventare, e ne è allo stesso tempo disgustata e affascinata.
Il film descrive le sorprendenti vicende della loro amicizia, insieme
agli effetti dell’incipiente maturità sulla relazione fra le
due ragazze.
Ghost World
prende spunto da una striscia a fumetti underground (che non ho mai
avuto il piacere di leggere, la qual cosa spero non mi squalifichi
come recensore), e il regista Terry Zwigoff potrebbe essere stato
facilmente tentato di rendere i personaggi vistosi, eccessivamente
pittoreschi, "esagerati" alla maniera di un David Lynch.
Ma la bellezza di Ghost World sta nel fatto che i personaggi appaiono
essere, in mancanza di un termine più adeguato, "esseri
umani autentici"; possiamo non essere d’accordo con quello che
scelgono di dire e fare, ma facciamo il tifo per loro perché
li vediamo tormentati dalle loro scelte. Con l’eccezione di un tipo insolente e a torso nudo che impugna un’arma in
un piccolo supermercato ("E’ l’America, amico. Impara le regole.")
perfino i personaggi secondari sono ritratti con sorprendente realismo.
I personaggi minori nei film sono spesso rappresentati per mezzo di
stereotipi, in modo da poter provocare un grosso impatto con un piccolo
numero di battute. Ma in Ghost World il compagno di classe che parla
sempre, l’insegnante d’arte femminista e il sincero ma leggermente
inetto padre di Enid non sono mai veramente "eccessivi";
essi non gridano la loro essenza ma la suggeriscono con fermezza.
Anche la città ha l’aspetto di un luogo reale – c’è
il diner, il mall, il negozio Radio Shack – ma Zwigoff ha cura di
non esagerare la normalità di questa città qualunque,
e questo la fa sembrare in un certo senso più normale. Persino
il pazzo del luogo, Norman (suona come "normal"!), che aspetta
eternamente un autobus che non esiste, sembra soltanto teneramente
smemorato. Quale unica persona su cui Enid può fare affidamento,
le apparizioni occasionali di Norman legano insieme le scene e offrono
una forma di stabilità al film stesso.
Anche l’esordio
di Zwigoff nel mondo del cinema ha usato i cartoon come spunto; il suo Crumb
ha documentato la vita e i disegni inquietantemente strani di R. Crumb
e la sua ancor più strana famiglia. E dunque Zwigoff è
chiaramente affascinato dalle vicende dei veri "creeps, perdenti e strambi" e ne conosce qualcuno di
persona. Forse questo spiega la sua capacità di farci comprendere
i bizzarri personaggi di Ghost World e la sua esperienza come regista
di documentari li rende autentici.
Temo che
queste sottigliezze possano non pervenire a un pubblico italiano quando
le voci saranno doppiate; molto della credibilità risiede nella
recitazione. In particolare Buscemi è così credibile
da strappare il cuore, e a mio parere avrebbe meritato un Oscar per
la sua performance. Le teenager parlano con quell’ennui strascicato e distaccato così tipico dei giovani
americani. Battute che avrebbero potuto essere caricate
("Non mi ringrazi; è lei che sta facendo tutto il lavoro",
dice lo psichiatra di Seymour) sono rese con toccante autenticità.
(Non sapendo nulla del processo di doppiaggio italiano non è
certo mia intenzione pre-giudicare le capacità degli attori
incaricati del doppiaggio, ma sarei curiosa di sapere quanto bene
hanno saputo rendere le sfumature.)
In America siamo fieri del nostro individualismo e della nostra
tanto vantata libertà di parola,
e ammiriamo quelli che escono fuori dai
ranghi, ma allo stesso tempo siamo tremendamente
ossessionati dai trend, dal decoro sociale e dal riuscire a
trovare posto dentro una cornice di vita sempre più conservatrice.
Sotto questo profilo Ghost World inquadra lo spirito americano dalla
prospettiva di una sottocultura. Mi interesserebbe sapere se gli italiani
si sono commossi quanto me per la rappresentazione di questo paradosso
interno ai personaggi, ognuno dei quali potrebbe facilmente essere
stato me qualora le circostanze della mia vita fossero state solo
leggermente diverse. Siete invitati a contattarmi
con le vostre opinioni.
© Amy X Neuburg
2002
(Traduzione di
Beppe Colli)
P.S. di Beppe Colli:
durante l’estate dello scorso anno leggere innumerevoli recensioni
positive del film Ghost World mi aveva convinto a inserirlo nella
lista dei film da vedere – qualora avesse avuto un’uscita italiana.
In quell’occasione mi sono reso conto che alcuni dei temi importanti
del film – l’onnipervasività della "mall culture",
la ricerca di qualcosa di culturalmente autentico – erano parimenti
rilevanti per le canzoni di Amy X Neuburg. Così le scrissi
e scoprii che il film le era molto piaciuto. Solo logico, quindi –
mentre il film stava per uscire in Italia e CloudsandClocks era sul
punto di partire – chiederle di scrivere qualcosa su Ghost World.
Fortunatamente ha accettato, del che le sono molto grato.
CloudsandClocks.net
| Dec. 4, 2002