The
Assumptions
The Assumptions
(LS.d Records)
E’ stato
all’incirca un paio di mesi fa, al momento di raccogliere il materiale
preparatorio destinato a fornire le basi per una nuova intervista a Mike
Keneally, che ci siamo ritrovati a riflettere su come l’ormai elevato numero
di esperienze presenti e passate che vedono protagonista il musicista statunitense
rende terribilmente concreto il rischio che anche un "esperto qualificato" di
cose keneallyane dimentichi l’esistenza di qualcosa di importante. E proprio
in questo senso ci eravamo espressi nella nostra introduzione all’intervista.
Il lettore
potrà quindi facilmente immaginare il divertito stupore da noi provato
al momento della pubblicazione dell’album che va sotto il nome di The Assumptions
– un album che vede la presenza di Keneally in veste sia di produttore
che di polistrumentista – allorquando siamo stati costretti ad ammettere
a noi stessi che, sì, ci eravamo completamente dimenticati della cosa.
Aggiungendo sorpresa a sorpresa, le note a stampa che accompagnano l’album
si incaricano di rivelarci che Layne Sterling – chitarrista e cantante
cui si devono tutte le musiche e i testi – non è, come da noi inconsapevolmente
immaginato in ragione del nome, un uomo, bensì una donna.
Durata
da LP (un formato per il quale la musica contenuta in quest’album è stilisticamente "appropriata"),
The Assumptions è disponibile sia in CD che in vinile. Gli ascolti risultano
alla fine complementari: "ampio sui lati", il CD presenta una
risposta in frequenza decisamente più estesa in basso e in alto, oltre
a offrire un volume che, "a occhio", diremmo essere circa il
triplo; come d’abitudine, l’album in vinile è maggiormente focalizzato
verso il centro, e a onta di un volume che avremmo preferito maggiore offre
una sua poesia, tipica del formato.
La voce
(bella) e i pezzi (buoni) di Layne Sterling costituiscono la vera ragion
d’essere di The Assumptions. Keneally ha quindi lavorato "attorno",
ponendo voci e melodie in primo piano. Non mancano ovviamente chitarre
e tastiere, e neppure il trucco – già ben noto agli Who "classici" e
utilizzato sovente da Keneally nei lavori a suo nome – consistente nell’accoppiare
una chitarra elettrica distorta in sottofondo a un’acustica in primo piano.
Se Keneally si occupa di chitarre e tastiere (e occasionalmente del basso),
uno dei motivi della buona riuscita dell’album è la ritmica: al basso Jon
Kanis è solido ed essenziale, la batteria di Brian Cantrell è propulsiva
e versatile; chitarre ritmiche della stessa Sterling, talvolta affiancata
alla voce dalla figlia Sara. Approccio sonoro che, pur stratificato, mira
a dare l’impressione di un "live".
Caratterizzare
la musica qui contenuta è a ben vedere non troppo difficile: è rock, nel
senso in cui lo sono Sticky Fingers o The Cry Of Love, con venature pop
e una forte impronta americana. Pur se a tratti (si vedano le veloci Better
Late Than Never e Once In A While, o l’iniziale Velvet Warning) ci ha ricordato
quella di Chrissie Hynde, la voce di Layne Sterling ci è parsa spesso imparentata
a quella di Joni Mitchell, ma qui probabilmente è questione di fraseggio
e di
"affinità elettive"; precisando ulteriormente, chiediamo al lettore
lo sforzo aggiuntivo di immaginare i momenti più lievi e ariosi di album
quali For The Roses e Court And Spark (e un’intonazione vocale da Hejira)
suonati dal gruppo rock di Wild Things Run Fast; un’impressione che è massima
su Into Freedom (con bacchette "alla Vinnie Colaiuta") e Cocktail
Dancing (con spazzole "alla John Guerin"). Testi che diremmo buoni,
non presenti sull’album ma consultabili sul sito del gruppo (theassumptionsmusic.com).
In apertura,
Velvet Warning è appropriatamente trascinante e chitarristica. Arrangiata
da Keneally, la breve The Magdalene vede chitarre e tastiere sviluppare
una frase vocale della Sterling. Dip Dish Sonic Sage ha una bella melodia,
e contrappunti vocali di Sara Sterling. 3 (che chi scrive si ostina a chiamare
Changes) si muove su un mid-tempo chitarristico a metà strada fra Almost
Cut My Hair e certe cose di Zuma, voce in primo piano e contrappunto vocale.
Una via di mezzo tra i Pretenders e i Missing Persons, la lieve e ritmata
Better Late Than Never offre anche un bell’inciso. La già citata Into Freedom
chiude bene la facciata uno, con ottima melodia, nitido rimshot, e frase
"flautata" di chitarra nel finale.
Cocktail
Dancing apre la facciata due con uno strano "attacco rock", poi
chitarre acustiche, voce centrale, basso solido, spazzole sul rullante,
charleston in evidenza, e una bella sezione B con ottimo contrappunto vocale.
Arrangiata da Keneally, Hail Caesar! ha una chitarra "funky",
la ritmica in levare, una frase di "fiati" che ci ha riportato
alla mente la Reach Out, I’ll Be There dei Four Tops e nel finale un breve
assolo di chitarra dal sapore Steely Dan. Why Are You ha un andamento quasi
bossa e un ritornello orecchiabile. Once In A While ci riporta alla Hynde,
seguita dalla varia, breve e strumentale Wished. Who’s Mentoring The Store,
Merlin?, con melodia mid-tempo e pregevole sviluppo melodico, porta bene
l’album alla sua conclusione.
Beppe Colli
©
Beppe Colli 2009
CloudsandClocks.net
| June 5, 2009