Andy
Bruce & The Rigidly Righteous
The Midge
(Brokken Records)
Album dal
suono fresco e accattivante, musica intellettualmente stimolante ma al
contempo sorprendentemente accessibile, The Midge ha costituito per chi
scrive una gran bella sorpresa, e per più motivi, a partire dalla copertina:
colorata e ariosa, dal sapore di fumetto, la scenetta disegnata da Richard
van der Ven ci ha ricordato per contrasto quanto triste e privo di verve
sia l’aspetto della maggior parte dei CD che ci capita di vedere di questi
tempi.
La seconda
sorpresa l’abbiamo avuta leggendo la formazione: nomi per noi sconosciuti,
e una strumentazione a dir poco insolita. Ecco il dettaglio: Andy Bruce,
trombone e voce; Hermine Deurloo, armonica e sax soprano; Frans Cornelissen,
tuba; Martin Fondse, tastiere, melodica e flauto; Sander Hop, chitarra;
Alan Purves, batteria e percussioni.
La descrizione
della musica fatta dal foglio d’accompagnamento sembrava la ricetta perfetta
per un sicuro disastro: una miscela di jazz, improvvisazione e tradizione
popolare scozzese. C’era da temere il peggio: cornamuse a go-go e batteria
e basso fusion? Ma qui la terza sorpresa è stato il risultato finale.
Abbiamo
dovuto superare lo scoglio psicologico di vedere il nome di Robert Burns
quale autore di tre brani (qui arrangiati da Andy Bruce), l’unica cosa
su di lui nota a chi scrive il suo essere menzionato da Ian Anderson sull’album
dei Jethro Tull Bursting Out nel corso della chiacchierata introduttiva
al brano One Brown Mouse. Ma qui Wikipedia ci è venuta in soccorso.
L’ascolto
di The Midge ci dice che il leader Andy Bruce è senz’altro un buon compositore:
se è vero che alla base del lavoro stanno le tradizioni popolari scozzesi,
non è facile avvertire cesure nette tra i temi e il loro (elastico) sviluppo,
in grado di sorprendere l’ascoltatore anche dopo numerosi ascolti. Ma a
giudicare da quest’album Bruce è forse ancora più bravo in veste di arrangiatore:
si ascolti il modo in cui bilancia i "pesi" delle fonti sonore;
il gusto con cui sfrutta il timbro dell’armonica, di un sax soprano che
a tratti assume le sembianze di un clarinetto, di un trombone sordinato
che diventa quasi una cornetta; bello, pur se non appariscente, l’uso delle
tastiere: un pianoforte, un piano elettrico che dalla risposta al tocco
diremmo proprio un Fender Rhodes, e un organo che suona tanto come un vecchio
Farfisa.
Tutto questo
non sarebbe ovviamente possibile senza avere a disposizione degli ottimi
musicisti (a proposito: Bruce e Purves sono scozzesi; gli altri quattro,
olandesi – il che dovrebbe spiegare i riferimenti ad arie climatiche che
l’orecchio esperto non faticherà a percepire). Suonano tutti bene, ma ci
piace menzionare Frans Cornelissen e Sander Hop, proprio perché il loro
lavoro è forse quello che è più facile sottovalutare: il primo è eccellente
sia nel fornire un appoggio da "basso" che nell’andare in assolo;
mentre crediamo sia al secondo (al quale vengono accreditati in copertina "additional
recordings", missaggio e coproduzione) che è lecito attribuire il
merito di quei colori sonori "moderni" (una tuba che sembra filtrata
in un plug-in, dei soffi quasi "ambient", dei sibili che si direbbero
riferibili a un Theremin) che rendono quest’album diverso da quello che
le aspettative vorrebbero.
Posto in
apertura, il breve e frizzante brano che dà il titolo all’album ha un inizio
a più voci cui fa seguito un tempo quasi da "marching band" per
un insieme di armonica, tuba, trombone, batteria e pianoforte, con disinibita
uscita di chitarra.
Dall’inizio
sornione e sbarazzino, The Bubblyjock ha il trombone con sordina, molto
swing, il Farfisa, il soprano in veste di clarinetto, un bell’assolo di
tuba con efficace accompagnamento di piano e batteria (con il rullante
con cordiera in evidenza), bel "comping" ortodosso di chitarra.
Arrangiato
da Bruce, il tradizionale The Four Marys è l’unico brano vocale dell’album.
Melodia facilmente trasponibile per cornamusa, appropriato accompagnamento
di chitarra arpeggiata, intermezzo strumentale degno di nota da parte di
una melodica appropriatamente "scozzese". Sorprende la chiusa
con carillon.
As Honest
Jacob è un brano di Robert Burns arrangiato da Bruce. Inizio "swing",
tema eseguito all’unisono da armonica e trombone, ottimo svolgimento, assolo
di chitarra con eco e wha-wha che per un attimo ci ha riportato alla mente
Gary Green (!) con un buon sostegno del piano Fender.
Use Jenobo
ha un inizio quasi da quartetto rinascimentale. A uno svolgimento tutto
sommato
"classico" (ma non "prevedibile") e a un tema per soprano,
tuba e trombone si affiancano un "vento artico" e dei piatti in
"phasing". Assolo di tuba, sostegno del Fender, bel contrappunto
del soprano, buon lavoro di chitarra. Tema trombone/soprano, poi si torna
al quartetto rinascimentale.
Firmata
Robert Burns, Awa’ Wi Yer Witchcraft ha una melodia dal sapore popolare,
da fisarmonica o cornamusa. Qui lo strumento portante è l’armonica, con
unisono di trombone. Bella sorpresa, con grande naturalezza esce fuori
qualcosa di
"quasi brasiliano" con un assolo di trombone che diremmo à la Bruce
Fowler, poi tema e chiusa.
Pass The
Parcel ha una melodia triste e meditabonda che ci è parsa non troppo dissimile
da certe arie di Wayne Horvitz (un buon riferimento sono i President di
Miracle Mile). Sembra quasi di scorgere un Theremin, c’è un flauto "africano"
echizzato, una melodia con unisono di armonica e trombone. Percussioni riverberate,
tuba.
Ritorna
il Robert Burns autore con la bella Thou Hast Left Me Ever, Jamie. Inizio
di chitarra arpeggiata con eco, poi tappeto di Fender Rhodes, tema per
armonica e trombone all’unisono. Brano mesto, con sentito assolo di armonica
dall’intelligente sottofondo (particolarmente bello il charleston).
Trombone
sordinato, tuba, sax soprano "lacyano", pianoforte "jazz" e
batteria dalla scansione regolare per Where Haggis Safely Graze. Soprano
"cool", e un bel rapporto soprano/pianoforte. Poi è un "…
and 1, 2, 3!", che ci conduce a…
Haggis
Hunt, ultimo brano dell’album, frizzante con begli assolo: armonica. trombone,
piano Fender (con bell’appoggio di batteria), chitarra, e la tuba a fare
il basso.
Firmata
da Sander Hop, Requiem For A Midge porta l’album alla sua vera chiusa.
Pedale di fiati e chitarra, frase discendente, chitarra con eco, e la tuba
a chiudere.
Beppe Colli
© Beppe Colli 2010
CloudsandClocks.net | Jan. 31, 2010