Anatrofobia
Tesa
Musica Marginale
(Wallace)
Era ormai
da qualche anno che il nome degli Anatrofobia ci capitava di tanto in tanto
sotto gli occhi. Per tutta una serie di motivi – alcuni sicuramente casuali,
altri probabilmente meno – non ci era finora mai capitato di ascoltare la
loro musica. E quindi quando abbiamo inserito questo CD nel nostro lettore
non sapevamo – letteralmente – cosa aspettarci.
Fa piacere
poter dire che l’impressione generale è senz’altro molto positiva.
Quintetto timbricamente non comune, gli Anatrofobia schierano sassofono, fagotto
(anche elettrificato), campionatori e sintetizzatori accanto a basso, batteria
e chitarra. Registrazione e missaggio – opera dello stesso gruppo – che saggiamente
privilegiano la funzione, pur se il tutto non è privo di una sua (fredda)
poetica.
I cinque
si sono sicuramente posti il problema di cosa vuol dire "comporre"
– nelle sue molteplici sfaccettature. Se a volte prevale il tema scritto,
in altre occasioni fa capolino un’improvvisazione (teleologica) che testimonia
di una frequentazione reciproca di lunga data.
Sassofono
e fagotto sono forse gli elementi che più spesso salgono al proscenio,
unitamente all’elettronica e a una batteria che diremmo di olandese secchezza.
Meno appariscente il lavoro del basso (ma proprio al bassista è da
ascrivere la maggior parte delle composizioni), certo non comodo il compito
della chitarra, che lavora molto per incastri. E’ tutto il gruppo, comunque,
a privilegiare la dimensione d’insieme, rifuggendo da facili virtuosismi e
dalle soluzioni che strappano l’applauso.
I cinque
sembrano aver ascoltato molta musica, facendone tesoro. Le tracce che affiorano
dipendono probabilmente da quello che l’ascoltatore considera familiare –
chi scrive ha creduto di cogliere echi di Faust (certi synth "a strati"),
King Crimson (alcune soluzioni ritmiche), Lounge Lizards (una melodia dal
tipico sapore cool), addirittura qualcosa dei Gong. Pure coincidenze, forse.
Mentre sembra innegabile una affinità elettiva con certe musiche da
film di pronta (ma non banale) memorizzazione, e affiora a tratti una vena
melodica segnata da malinconia "felliniana".
Lunghezza
"vinilica" (trentotto minuti) per un album che altri avrebbe portato
al doppio di durata. Molti spunti ben realizzati, in un processo di asciugamento.
Un lavoro che scorre con logica, dove l’ultimo brano (una elaborazione da
Shostakovich) acquista valore in virtù della sua posizione.
Ci sono
ancora – diremmo – spazi per una crescita ulteriore. Su tutto, certe dinamiche
fin troppo prevedibili (da piano a FORTE in un solo attimo) usate quale mezzo
compositivo – ma in ambito rock Robert Fripp ne aveva pressoché esaurito
le possibilità espressive già ai tempi di Exposure (’79).
E’ piacevolmente
strano che un gruppo dedichi tanto tempo e risorse a una musica così
rigorosa e tanto poco "accattivante". Nell’attesa di una conferma
dal vivo, Tesa Musica Marginale è un album che può essere (ri)ascoltato
a lungo.
Beppe
Colli
©
Beppe Colli 2004
CloudsandClocks.net
| April 6, 2004