2012
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di Beppe Colli
Jan. 1, 2013
Se è di "eventi
di semi-massa" che parliamo (una categoria che ci pare utile tenere
distinta da quella di
"eventi di nicchia"), diremmo impossibile non attribuire il titolo
di
"evento dell’anno" per il 2012 alla ristampa "audiofila" in
vinile 180gr. (il perché di quelle virgolette sarà chiaro tra un istante)
dell’intero catalogo dei Beatles in versione stereo. Un evento che si situa
cronologicamente a metà strada tra la ristampa in vinile dei titoli dei Pink
Floyd e l’operazione su vasta scala che tra breve avrà per protagonisti i
Led Zeppelin. Senza ovviamente dimenticare i cofanetti contenenti tutti gli
album dei Beatles in versione mono, la cui pubblicazione – se tutto andrà
liscio – è attesa in primavera.
La ristampa in vinile 180gr. dell’intero catalogo dei Beatles
in versione stereo – ricordiamo che a differenza di quanto annunciato per
quelli mono, tutti gli album stereo del gruppo sono disponibili sia in cofanetto
che singolarmente – va idealmente a chiudere il cerchio aperto nel 2009 con
la nuova digitalizzazione – di carattere "più moderno" – della
musica del quartetto di Liverpool. Una "mano di fresco" che aveva
traghettato i Beatles verso un nuovo ascolto, complice l’ormai famosa "pennetta" USB
che – con una punta di blasfemo – si era incaricata di "portare al futuro" i
quattro.
Le polemiche non erano mancate, anche se a ben vedere il temuto "stravolgimento" era
stato di entità tutto sommato contenuta. (Resta aperta la questione di quali
"orecchie" ascoltino il tutto, ché leggere un articolo – su una
testata nazionale! – che mette Hey Jude su The Beatles/il White Album non
può non far sorgere molti dubbi.)
Occorre precisare che le ristampe dei titoli in stereo, sia
in box che singoli, sono due. Quella europea – che dovrebbe essere stata
curata dalla Optimal – sembrerebbe presentare pochissimi problemi. Mentre
quella statunitense – curata dalla Rainbo – si è rivelata un concentrato
di orrori tale da suscitare un acceso dibattito in Rete, con serie complicazioni
nel mondo del commercio dovute al gran numero di album resi (e da sostituire)
e un presentimento di teste già pronte a rotolare.
La storia come accertata a oggi è la seguente. La EMI avrebbe
voluto affidare l’incarico alla (molto nota e decisamente affidabile) RTI.
Però quest’ultima, oberata di lavoro, avrebbe annunciato l’intenzione di
subappaltare il lavoro alla Rainbo. Logico quindi per la EMI procedere a
un incarico diretto. Cosa sia andato storto non è del tutto chiaro, ma i
problemi derivanti da un carente "controllo di qualità"
si sono rivelati non appena tolto il cellophane – e in maniera del tutto
erratica, anche se Abbey Road sembra essere l’album di gran lunga più colpito.
Difetti in ordine sparso: album deformati, con il foro fuori centro, soggetti
a
"non-fill", con elevato rumore di fondo, pesanti scricchiolii e
sinistre distorsioni. Un disastro.
Comincia qui la caccia alla
"copia indenne", nello spirito della tombola. E c’è chi ha ricevuto
copie multiple dello stesso album, tutte con lo stesso difetto. Lasciamo
al lettore, se vorrà, la ricerca in Rete delle discussioni che per migliaia
di pagine hanno allietato la comunità beatlesiana nelle ultime settimane.
Già il fatto che gli album in vinile non derivassero da matrici
analogiche aveva scontentato non pochi, anche se non era mancato chi aveva
fatto osservare che l’idea che i curatori procedessero a una nuova masterizzazione
in analogico dopo aver digitalizzato il tutto nel 2009 non poteva essere
altro che un’illusione. Ma c’è chi ha fatto notare che una stampa in vinile
180gr. di tiratura pari alla fama dei Beatles necessita di un controllo ferreo
– a costi non indifferenti. Sarebbe stato più agevole contenere i difetti
con una stampa a 120gr. – ma allora che ne sarebbe stato del fascino dell’oggetto "audiofilo"?
La questione Beatles è ovviamente solo l’aspetto più evidente,
per ovvie ragioni di scala e di celebrità (ricordiamo anche i cofanetti di
natura "mista" – LP e CD rimissati, 5.1, DVD-A – dedicati a lavori
storici dei Jethro Tull quali Aqualung e Thick As A Brick), di un’industria
che lavora alla massima velocità possibile allo scopo di non perdere il treno
della stampa Deluxe, finché il mercato tira. Se questa ormai lunga serie
di incidenti sarà assorbita senza danni da un pubblico che con tutta evidenza
paga per un supporto o se essa sarà l’ultima goccia che spingerà i delusi
in direzione della Alta Risoluzione
"liquida" da scaricare sul computer di casa è cosa che vedremo
presto.
Spiace doversi occupare
dello "stato di salute" dei musicisti, soprattutto se si tratta
di quelli a noi maggiormente più cari.
Che il mercato fosse in picchiata era già evidente da anni,
ma diremmo che mai come oggi le cose sembrano aver assunto un aspetto drammatico
che non pare ragionevole supporre possa migliorare nel breve o nel medio
periodo.
Si sommano tre fattori. Una situazione economica tutt’altro
che rosea che ha come risultato quello di rendere l’acquirente poco propenso
agli "esperimenti". L’abitudine a fruire di una massa enorme di
"oggetti", con l’ovvia conseguenza di un reddito che non potrà
mai non essere inferiore alla quantità di oggetti da fruire. L’abitudine
a considerare "normale" dedicare una quantità di attenzione limitata
a ciascun oggetto. E dato che questi fattori sono sempre più diffusi man
mano che scendiamo nelle classi di età, ne consegue che un mutare di atteggiamento
nei confronti delle "cose" difficili – e la conseguente decisione
di spendere del denaro privilegiando proprio questi oggetti – appare sempre
più improbabile.
Ovviamente ciascun musicista tenta di fare del suo meglio
per non affondare, con i risultati più vari. La strategia del darsi da fare
tipica del contesto statunitense, ma ovviamente non esclusiva a esso, detta "sink
or swim", ci sembra ancora in grado di funzionare. Per contro, l’attesa
di fondi pubblici ci pare sempre più destinata ad andare delusa, pur se diremmo
che, voltandoci indietro, le "vie nazionali" dicano di ben diversi
risultati: in questo senso la famosa "etica protestante" ci sembra
in grado di spiegare la differenza tra quanto prodotto dai musicisti olandesi
nel corso degli ultimi decenni a paragone dei loro corrispondenti italiani.
Certo è che ci ha molto sorpreso ricevere, sul finire dell’anno,
un discreto numero di inviti all’acquisto di file digitali e CD
"fisici" in offerta, come se una differenza di prezzo fosse ritenuta
di per sé bastevole a motivare un mutare di comportamento.
Ci aspettano tempi interessanti.
© Beppe Colli 2013
CloudsandClocks.net | Jan. 1, 2013