Zeitkratzer
Teatro
Sangiorgi, Catania
Jan.
31, 2007
Sono
senz’altro molte le cose che è possibile dire a proposito dell’odierno
status (anche economico) della musica classica, delle sue possibilità di
legittimazione in un mondo moderno che – sul modello del concetto televisivo
di share – privilegia il parere dell’"uomo qualunque" (e la "donna
qualunque"? niente paura, c’è anche lei), e delle specifiche strategie
adottate dai singoli musicisti allo scopo di ottenere commissioni, finanziamenti
e non affondare. La cosa è resa oggi contemporaneamente: a) più facile
dal fatto che – non foss’altro che per motivi anagrafici – i musicisti
classici hanno una confidenza incomparabilmente maggiore con i meandri
della musica "extracolta" rispetto a quanto non avvenisse ai
tempi dei Beatles; b) più difficile dal fatto che i musicisti classici
sembrano riprodursi come conigli, da cui una torta che va a restringersi
per un numero che aumenta di continuo.
Se è
vero che il vecchio Metal Machine Music di Lou Reed è il corrispettivo
rock di 4’33", allora la notizia che un ensemble di musica classica
aveva deciso di eseguire la trascrizione di quel brano "inascoltabile" ancor
prima che
"insuonabile" colpiva quale colpo di genio mediatico perfettamente
in grado di illuminare il nome della ditta (Zeitkratzer) gettando un bocconcino
troppo ghiotto per essere ignorato da redazioni giornalistiche perennemente
in cerca di spunti e da lettori che si deliziano di simili amenità. Il che
ovviamente nulla dice intorno alla reale bontà artistica del prodotto finito,
che potrebbe anche essere di primissima qualità. Zeitkratzer al Sangiorgi
di Catania? Il teatro ha una buona acustica, è possibile prenotare il posto
su pianta, solo otto euro di biglietto… Ovviamente si va.
Ci troviamo
quindi in prima fila intenti a scrutare il palco (strumentazione ordinata)
e a leggere il programma di sala, che prevede nell’ordine l’esecuzione
di brani di: Nicolas Collins, Reinhold Friedl, Manuel Göttsching (viene
precisato: Ashra Temple), Masami Akita (viene precisato: Merzbow), Lee
Ranaldo (viene precisato: Sonic Youth), Lou Reed e Elliott Sharp. Da sinistra
vediamo pianoforte, violino, violoncello, contrabbasso, batteria, laptop
e assimilati, tuba, tromba, sassofono e clarinetti. I musicisti sono per
la maggior parte piuttosto noti, anche se l’unico che ci è capitato di
vedere dal vivo (alcuni anni fa, al festival Controindicazioni di Roma,
con un suo quartetto che ricordiamo molto valido) è quello seduto più a
destra: Frank Gratkowski.
Ed è
a questo punto che le cose si complicano: sale sul palco qualcuno dal forte
accento tedesco che ci informa, in inglese, che il programma che verrà
eseguito non è quello indicato sul pieghevole in nostro possesso, bensì…
Qui capiamo innanzitutto che il programma sarà più breve (saranno cinque
brani per un totale di circa un’ora con rifiuto di un bis, proprio la stessa
durata del concerto di Ben Neill di qualche giorno prima…); per quanto
riguarda l’identità dei brani capiamo che il concerto si aprirà con quello
di Merzbow e comprenderà anche quelli di Lou Reed, Nicolas Collins, Elliott
Sharp e un altro che non sapremmo dire (e non in quest’ordine).
Si parte
con Merzbow, e qui diremmo lo stile del compositore (se non necessariamente
il titolo del brano) facilmente riconoscibile anche da parte di chi (è
il caso dello scrivente) ne abbia una conoscenza tutt’altro che approfondita.
Dato che, pur stratificato, il pezzo risulta decisamente statico in quanto
a divenire, ci ritroviamo a interrogarci su chi stia suonando cosa: il
pianista appare impegnato alla cordiera, gli archi sembrano dedicarsi soprattutto
agli armonici, la tuba e la tromba soffiano… però abbiamo la sgradevole
impressione che il suono provenga in buona parte dal laptop, con la batteria
a forte volume a prodursi in ritmi cadenzati. Se abbiamo ben capito, c’è
una specie di "metronomo elettronico/orologio con display" posto
su un’asta situata al centro del palco (noi lo vediamo da dietro, i musicisti
ce l’hanno di fronte) che viene azionato dal pianista a ogni inizio di
brano, da cui entrate e finali impeccabili e altrimenti impossibili.
Il volume
è decisamente notevole, seppur mai fastidioso per chi è abituato ai concerti
rock; il suono è nitido. Diremmo che le caratteristiche già messe in evidenza
a proposito del brano di Merzbow – il lavoro strumentale che pare provenire
in buona parte dal laptop, la batteria che picchia marziale, gli altri
strumenti pochissimo presenti – si ripetano a proposito degli altri brani,
e alla fine quello che sembra venir fuori è una banalizzazione delle proposte
dell’avanguardia
"storica", ora divenuta "per le masse". Crediamo di essere
riusciti a distinguere Metal Machine Music, mentre il brano che ci è sembrato
maggiormente distaccarsi dagli altri – campioni a ripetersi in loop di lunghezza
variabile, buon lavoro della tuba, strumentazione acustica in relativa evidenza
– ci è parso essere opera di Nicolas Collins. Che il collettivo possegga
delle capacità non comuni ci pare assodato, che il repertorio suonato (?)
stasera lo dimostri ci pare per lo meno dubbio.
La fine
del concerto ci lascia di stucco: pubblico (mediamente di non verde età)
entusiasta, richieste di bis, gioia e felicità. Davvero "Merzbow per
le masse"? Lasciamo il lettore alle prese con il terribile quesito.
Beppe
Colli
© Beppe
Colli 2007
CloudsandClocks.net | Feb.
12, 2007