Albert
van Veenendaal
Minimal Damage
(Evil Rabbit Records)
Disinvolto
polistilismo, grande sicurezza strumentale, disinibita molteplicità di
contesti e produzione discografica esuberante sono qualità che caratterizzano
il pianista e compositore Albert van Veenendaal. Qualità che diremmo non
inattese, sol che si considerino l’età e la nazionalità del musicista,
un olandese cinquanta-e-qualcosa.
I titoli
che ci hanno maggiormente colpito nella fetta della discografia di van
Veenendaal che abbiamo avuto modo di frequentare negli ultimi anni (una
certa
"selettività" degli ascolti essendo conseguenza inevitabile di
una discografia tanto generosa) sono da attribuire a due collettivi: quello
che alcuni anni fa ha prodotto un bizzarro lavoro intitolato President Of
The Globe e il quartetto che lo scorso anno ha pubblicato il bell’album che
va sotto il nome di Midday Moon.
E poi c’è
la produzione su Evil Rabbit Records, etichetta che van Veenendaal ha fondato
nel 2006 insieme al contrabbassista Meinrad Kneer allo scopo di meglio
documentare il suo lavoro. E qui, se è facile dire che tra i titoli che
vedono la partecipazione del pianista non sono pochi quelli meritevoli
di ascolto, mancava finora un album in grado di imporsi con sicurezza all’attenzione
dell’ascoltatore, cosa che a parere di chi scrive è invece avvenuta con
Minimal Damage.
Una caratteristica
che crediamo contraddistingua van Veenendaal è la sua frequentazione sistematica
del piano preparato, strumento che come da sottotitolo (Miniatures For
Prepared Piano) è il protagonista assoluto di quest’album.
Molti gli
stili frequentati, ormai decisamente metabolizzati: si ascolti quale esempio
la ripresa della mingusiana Goodbye Pork Pie Hat, che sulle prime abbiamo
riconosciuto solo perché annunciata in copertina. E anche il lavoro di
preparazione del piano ha qui una storia, come agevolmente dimostrato dall’unico
brano inciso nel 2007: contraddistinto da un tema oscuro e minaccioso,
Dark Days & The Moon rivela immediatamente la sua identità strumentale
tra ronzii e suoni stoppati.
Il resto
del lavoro si avvale invece molto spesso della sovraincisione e di un missaggio
"moderno" che fa uso di echi e riverberi. Da cui un camminare in
parallelo della musica e dei timbri del pianoforte a caratterizzare con efficacia
il risultato finale.
Qui diremmo
che van Veenendaal abbia tenuto conto della lezione minimalista, o meglio
(posto che qualche sapore minimalista in senso stretto fa capolino qua
e là) di quelle musiche di provenienza orientale che sono state una delle
fonti dei minimalisti "storici". Da cui, metallofoni, marimbe
e percussioni varie (ma è sempre il pianoforte) e melodie che alle nostre
orecchie risultano sovente "etniche". Ottimo controllo compositivo
e strumentale, pericolo di esotismo da cartolina evitato, risultato finale
che definiremmo
"sorprendentemente accessibile", album decisamente riuscito.
Svolgimento
"letterale" per l’iniziale The Spy & The Vampire, unico brano
(relativamente) lungo insieme a quello che dà il titolo all’album: ostinato
dalla mano sinistra, accordi della destra, tema melodico e insieme
"noir", un nuovo "quadro per marimba" a partire da 1′
40", uno splice "horror" (con voci campionate?) da 2′ 40" a
3′ 40", variazioni e di nuovo il tema.
Mosso,
percussivo, Tear Dance è un buon esempio dell’approccio "a strati"
spesso presente sull’album. Frog Dance offre un carillon e una melodia arpeggiata.
Mechanic Mushroom si presenta immediatamente come
"etnica-minimalista", percussiva, con bel tema semplice e melodico.
Pirouetteke sembra quasi usare un sequencer, con arpeggi circolari, polimetrica
a incastro, bella dinamica in volume (e un ricordo di ragtime?). Marimba
e percussioni ritornano su Daily Values, mentre Sea Monkeys offre percussioni
in legno e metallo, con colpi isolati e fortemente riverberati.
Minimal
Damage potrebbe essere definita un "funk acustico" con lontani
echi degli Head Hunters di Herbie Hancock, una "danza pigmea" per
percussioni e flauti. Lente, melodiche, Old Frogs e Histoire Pneumatique
vedono protagonista la "marimba". Whales offre "suoni di
balene" e molto lavoro sulla cordiera. Transition (a suo modo, jazzistica),
Zen Gardening e Slow Boat chiudono bene un lavoro dalla durata perfetta:
41′ 19".
Beppe Colli
© Beppe Colli 2010
CloudsandClocks.net | Nov. 16, 2010