Intervista
a
Scott
Woods
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di Beppe Colli
March
7, 2003
Nel vario
e affollatissimo panorama della Rete l’apparizione di RockCritics.com,
tre anni fa, si segnalava quantomeno per la singolarità dell’impresa:
un sito interamente dedicato all’attività dei critici rock! Era
anche l’anno dell’uscita sugli schermi di Almost Famous (in italiano
Quasi famosi) – il film largamente autobiografico girato da un Cameron
Crowe intento a ricordare il suo apprendistato come critico rock per
Rolling Stone – che vedeva in primo piano la figura dello scomparso
Lester Bangs, il critico che insieme a Richard Meltzer e Nick Tosches
formava la triade dei "ragazzi terribili" (i "noise boys")
del panorama rock statunitense.
E’ discretamente
ovvio che RockCritics si rivolge a un pubblico interessato a un livello
di informazione che potremmo dire "di secondo grado". E questo
è un compito che il sito ha svolto con puntualità e precisione,
intervistando nomi famosissimi (i vari Marsh, Marcus e Christgau), rintracciando
figure leggendarie ma pressoché scomparse (da Paul Nelson a Richard
Meltzer), fornendo link in quantità a materiali indispensabili
e ad altri che lo erano decisamente meno ma che risultavano preziosi
in ragione della loro rappresentatività, rendendo possibile conoscere
firme poco note, consentendo di mantenersi al corrente su importanti
rivolgimenti del mercato editoriale musicale.
Una frequentazione
attenta (che per diventare esaustiva necessiterebbe di almeno un paio
di mesi) permetterà al lettore di crearsi una mappa delle complesse
vicende narrate e di trarre le proprie conclusioni in merito.
Logico
quindi decidere di fare il punto della situazione con l’aiuto di Scott
Woods, editore e direttore di RockCritics.com. Impegnato oltre ogni
dire, Woods ha comunque accettato di buon grado l’invito di sedersi
dall’altro lato del microfono. Un paio di settimane fa gli abbiamo quindi
inviato una serie di domande via e-mail.
Credo
proprio di aver saputo dell’esistenza di RockCritics.com grazie a un
articolo di Eric Weisbard apparso il 7 novembre 2000 su Inside.com. Ma il
tuo sito aveva aperto nel marzo precedente, giusto? Come ti è
venuto in mente di fare un sito così?
Sì,
marzo 2000. In verità devo dire che ci sono arrivato per un puro
caso. I miei amici Lucas Mulder e Bryce Johnson, che mi avevano aiutato
a metter su il mio sito precedente, Popped (che puoi ancora trovare
all’indirizzo popped.com, ma io non ne faccio più parte), stavano
cercando di trovare nomi per domini, con l’intento di registrarli. Mi
chiesero se ne avessi in mente qualcuno che volevo usare, e l’unico
che mi venne in mente fu "rockcritics.com". Per qualche ragione
quel nome mi faceva ridere: ovviamente amo leggere la critica rock,
ma un sito dedicato esclusivamente a quello mi sembrava davvero una
cosa un po’ assurda. E lo penso ancora, anche se credo (spero) che l’idea
valga qualcosa. Dopo aver registrato il marchio ho cominciato a creare
link a qualsiasi cosa riuscissi a trovare online per riempire quello
spazio. La qual cosa ha portato a mettere interviste fatte da noi. Così
il nome è venuto prima, e il concetto dopo.
Sono
passati quasi tre anni. Ritieni di aver raggiunto i tuoi scopi – e,
nel frattempo, sono cambiati?
Sì,
nel senso che era mia intenzione creare un sito che fosse una risorsa
davvero solida, che chiunque interessato all’argomento avrebbe trovato
utile o interessante da leggere. Da questo punto di vista sono discretamente
certo di aver creato qualcosa di valido. (Continuo a dire "io",
ma naturalmente "io" non avrei potuto fare di questa cosa
quello che è senza il contributo di molti altri – Steven Ward,
Phil Dellio, Barbara Flaska e un mucchio di altra gente che ha mandato
link, idee, incoraggiamenti ecc.)
No,
nel senso che il sito non si è veramente sviluppato in quel/i
tipo/i di conversazione/i che in un certo senso immaginavo o che avrei
sperato – persone che discutevano tra di loro, litigavano e così
via. E anche un disappunto a causa di una certa mancanza di "diversità"
che mi dà fastidio – come dire, in un certo senso è come
un club dei vecchi tempi fatto solo di ragazzi bianchi. E lo so che
questo deve suonare strano venendo dal dannatissimo direttore! Ma il
fatto è che non ho proprio il tempo di rintracciare alcune persone
che mi piacerebbe intervistare sul sito (questo è un hobby, ricordalo), e non sono certo in condizione di pagare altri che
lo facciano al posto mio. Se davvero volessimo fare questo sito come
si deve, allora avremmo bisogno di un budget e io dovrei lasciare il
mio lavoro, e nessuna delle due cose è all’orizzonte in un futuro
prevedibile.
Almost
Famous, il film di Cameron Crowe, è uscito nel 2000, e tu hai
messo sul sito molti articoli in proposito. Qual è il tuo punto
di vista personale sul film?
Sono
rimasto deluso. Aveva qualche buon momento, ma niente che mi abbia colpito
veramente – l’ho visto due volte, sperando di essermi perso qualcosa
la prima volta, ma non è stato così. Non mi è dispiaciuta
l’interpretazione di Lester Bangs fatta da Phillip Seymour Hoffman –
e alcuni che hanno conosciuto Bangs dicono che è un ritratto
accurato – ma credo ancora che, in termini di aspetto e manierismi,
John C. Reilly sarebbe stato di gran lunga una scelta migliore.
I
"noise boys" e la rilevanza odierna di un atteggiamento oppositivo
per quanto riguarda l’industria musicale. Svolgimento, please.
Hmm, non sono sicuro su "oppositivo", ma il distacco è
sempre importante per un critico: non intendo distacco dalla cosa a
proposito della quale stai scrivendo, ma un distacco dai fornitori
della cosa in questione è, almeno in teoria, una grande idea.
Suppongo che nella nostra veste di critici siamo parte di quello che
è chiamato "l’industria", ma credo ancora che sia importante
comportarsi come se così non fosse.
Due
domande "cattive":
In
un’epoca in cui è possibile scaricare file MP3 di qualunque gruppo,
per quale ragione leggere l’opinione di qualche critico?
Beh,
credo che proprio questo stia rendendo gli stessi consumatori dei critici,
o a ogni modo renda meno netti i confini tra le due categorie. E questa
è una buona cosa. Ma per quanto mi riguarda la ragione per leggere
i critici continuerà domani ad essere la stessa di ieri: fondamentalmente,
illuminarmi. Non vendermi qualcosa, sebbene questo possa accadere, ovviamente.
Nell’era
del video, quando è sempre più comune una scarsa conoscenza
del linguaggio, può un’analisi musicale in forma scritta essere
ancora considerata rilevante?
Non
sono convinto che la prima parte della tua premessa sia del tutto vera.
Senza avere statistiche a mio sostegno, direi che Internet sta in realtà
facendo aumentare
l’alfabetizzazione – se non la comprensione, almeno la parte che riguarda
la lettura stessa – ma forse ho torto. Ad ogni modo, di questi tempi
ci sono un sacco di cose acute e divertenti scritte sulla musica; l’errore
che tanta gente fa è quello di aspettarsi di trovarle solo in
edicola. Leggo di musica molto più di prima, però compro
meno giornali di prima. Le cose migliori sono nei chat groups, nei blogs,
e nei giornali/fanzine autogestiti che si trovano online. O almeno,
per quanto io ne sappia.
Non
sono sicuro di avere risposto alla tua domanda!
Tra
i critici che hai intervistato sul tuo sito, ce n’è stato uno
(o forse alcuni?) il cui lavoro era stato molto importante per il tuo
sviluppo di ascoltatore e di critico?
Ovviamente
non ho intervistato Lester Bangs, ma lui è stato il primo critico
che mi è piaciuto – col che intendo dire che è stato il
primo critico che ho davvero identificato come un "critico"
(non posso certo dire di aver davvero capito le sue cose quando avevo
dieci anni, sebbene fossi abbastanza interessato da continuare a sforzarmi
di capirle). Ma i critici che hanno davvero cambiato il mio modo di
vedere le cose a un’età impressionabile (quando ero un teenager)
sono stati Greil Marcus, Dave Marsh e Robert Christgau, che ho scoperto
tutti alla fine degli anni settanta o nei primi anni ottanta, quando
sembravano davvero essere quelli che dominavano il gioco (che non è
la stessa cosa di dire che erano gli unici giocatori, cosa che ovviamente
non erano). Oggi non posseggono più quello status quasi mitico
che avevano allora (adesso riesco a vedere molto più chiaramente
in cosa e in che modo sono pieni di merda), ma naturalmente sono elettrizzato
per il fatto che siamo riusciti a metterli tutti sul sito.
Sei
soddisfatto del responso che ricevi per RockCritics.com?
Sì!
Il fatto di ricevere un qualsivoglia responso è davvero incredibile, davvero.
Mi fa piacere sapere che c’è chi viene a vedere quello che c’è
sul sito e che tutto il tempo speso non lo è completamente invano.
Però mi piacerebbe davvero che più gente criticasse il
sito, per esempio dirmi quello che nel sito fa schifo oltre che a quello che a loro
piace. Voglio dire, più o meno so quello che fa schifo, ma è
sempre bello sentirlo dire da un’altra prospettiva. (E inoltre ci potrebbero
essere cose che io non avrei mai considerato.)
Sul
Web esistono posti (come Rock’s Back Pages) dove si possono leggere
tante cose rilevanti di molto tempo fa. Credi che tra vent’anni avranno
molto da offrire che sarà tratto dalla stampa di oggi (o dal
Web)?
Credo
dipenda da dove prenderanno il materiale. Se si limiteranno a prendere
roba da Rolling Stone, NME, Mojo e così via, allora a mio parere
sarà una cosa senza valore (non che questi giornali siano di
per sé senza valore, ma non esauriscono certo la faccenda, non
credi?). Di nuovo, c’è molta bella scrittura lì fuori,
devi solo sapere dove guardare. E certo, una connessione veloce al Web
aiuta.
Naturalmente
ci sono molti argomenti che le mie domande non hanno affrontato. Aggiungi
pure quel che vuoi qui.
Okay,
odio sembrare deprimente, e forse sto solo lottando contro uno degli
inverni peggiori a mia memoria, ma il fatto è che ultimamente
ho perso molto del mio interesse per rockcritics.com, e chiaramente
si vede: aggiorno il sito meno di frequente, ho un atteggiamento un
po’ del tipo "e chi se ne frega" le rare volte in cui lo aggiorno,
e ho molto spesso la sensazione che esso sia semplicemente scivolato
nell’irrilevanza, o nella non-più-molta rilevanza – supponendo
che ne abbia mai avuta alcuna. La verità è
che il più delle volte odio il pensiero di doverlo aggiornare
e di solito sono annoiato dal materiale nel quale mi imbatto, particolarmente
i pezzi che lamentano il "triste stato" di Rolling Stone e/o
di Blender (per l’amor di Dio, gente, smettetela con queste cazzate,
o almeno portate la faccenda a un livello oltre Britney-è-di-nuovo-in-copertina-sob).
Parte
di ciò è sicuramente legato alle mie ambizioni frustrate
(passate?) di critico musicale. Sono disposto a giurare su una pila
di copie di Mistery Train che non ho messo su questo sito per lanciare
la mia carriera, ma mentre impiego sempre più tempo a fare questo,
a promuovere la carriera di tutte queste altre persone, è difficile
ignorare quel triste paradosso che in qualche modo è diventata
la mia vita sub-artistica. Tutto questo tempo speso facendo per gli
altri quello che in realtà dovrei fare per me stesso. Per essere
onesti, mi ha prosciugato quasi tutta l’energia. Sono discretamente
certo che continuerò a farlo per un po’, ma quanto sforzo ci
metterò rimane da vedere.
©
Beppe Colli 2003
CloudsandClocks.net
| March 7, 2003