Slapp Happy
Acnalbasac Noom
(ReR)
Nel
corso dei primi due anni di vita l’anglosassone Virgin Records aveva
già messo sotto contratto nomi quali Gong, Henry Cow, Faust e
Hatfield And The North. Logico, quindi, disporsi ad accogliere con simpatia
anche album di artisti a proposito dei quali non era dato sapere assolutamente
nulla. Un buon esempio di questo atteggiamento è costituito dall’accoglienza
riservata al bell’album di esordio (inglese) del trio denominato Slapp
Happy: un album che portava lo stesso nome del gruppo (ma che è
conosciuto anche come Casablanca Moon, dal titolo del brano posto in
apertura), e un gruppo che la vox populi giornalistica voleva tedesco.
Il collegamento con realtà significative era dato dalla presenza
(ma solo in qualche brano) del bassista dei Faust, Jean Hervé
Peron. All’atto pratico l’album risultava piacevolmente spiazzante:
atipico e originale l’apporto vocale di Dagmar Krause, "di base"
le tastiere di Anthony Moore, "misterioso" il contributo strumentale
di Peter Blegvad (cui immediatamente attribuimmo le funzionali parti
di chitarra stranamente non accreditate sulla copertina), erano gli
stili proposti a risultare davvero fuori rotta rispetto a quanto tipico
a quei tempi (schematicamente: secchezza glam da una parte, complessità
prog dall’altra); qui invece facevano bella mostra di sé tanghi
e climi leggeri in stile "anni sessanta", arie popolari e
folk, e anche la "chanson". Arrangiamenti ricchi ma non pomposi
dove non mancavano i bei tocchi e strumentazione aggiunta fantasiosa
per un album che chi scrive considera da sempre un piccolo classico.
Conosciuto
in tempo reale il seguito della storia, fu solo nei primi anni ottanta
che due album (vinilici) ci fornirono notizie dirette degli esordi degli
Slapp Happy: un Sort Of inciso nello studio dei Faust e che del gruppo
tedesco utilizzava tecnico, produttore, ritmica e casa discografica
(ecco dunque spiegate le ragioni dell’equivoco iniziale); e uno stranissimo
Acnalbasac Noom, che a un primo ascolto sembrava essere niente di più
che una serie di snelli provini in vista dell’esordio su Virgin. In
realtà a un esame più attento Acnalbasac Noom si rivelava
essere il mai pubblicato secondo album degli Slapp Happy, inciso con
il contributo degli stessi tecnici e musicisti di Sort Of e rifiutato
dalla Virgin.
Ci
fu chi immediatamente indicò in queste essenziali versioni le
vesti che meglio rispecchiavano stili e intendimenti dei brani. Da parte
nostra non ne fummo tanto convinti: se è vero che a volte venivamo
colti dal dubbio di essere così abituati a sentire tante belle
soluzioni strumentali (ma erano davvero tante: il violino di Graham
Preskett su Casablanca Moon, le "anfore" di Andy Leggett su
Michelangelo, la tromba di Henry Lowther su Dawn, il basso di Dave Wintour
su Mr. Rainbow e quello di Peron su The Secret, il sassofono di Geoff
Leigh sulla facciata due…) da non riuscire ad ascoltare le nuove versioni
con la dovuta obiettività, pure è vero che ci pareva che
al giudizio proveniente dall’altra parte non fosse estraneo un pregiudizio
"anti session men". E se in seguito acquistammo Slapp Happy
in versione CD (ma era un’edizione comprendente anche Desperate Straights,
l’album inciso con gli Henry Cow: difficile resistere) non altrettanto
facemmo per la ristampa digitale di Acnalbasac Noom.
E
siamo all’oggi, con una seconda ristampa su CD di Acnalbasac Noom. Diversa
masterizzazione, stessi brani aggiunti: una spiritosa e rara facciata
A di un singolo dei primi anni ottanta, Everybody’s Slimmin’, e tre
piccole cose che diremmo di non eccessivo interesse. Tanto è
il tempo passato da allora che ormai riusciamo agevolmente ad ascoltare
le due versioni come diverse ma parallele. Forse le vesti essenziali
di Acnalbasac Noom saranno maggiormente benvenute per chi ama il lo-fi;
mentre è certo che il fatto di avere una sola ritmica – quella
dei Faust – per tutto il disco rende il clima complessivo più
coerente e omogeneo. Buona la masterizzazione digitale (opera di Bob
Drake) dell’album originale, pur con un piccolo eccesso di acuti (ma
dati i tempi è paradiso). Non molto piacevole all’orecchio Everybody’s
Slimmin’.
Beppe Colli
© Beppe Colli 2005
CloudsandClocks.net | June 26, 2005