Sick Boss
Sick Boss
(Drip Audio)
Dietro
una delle più brutte copertine che ci è capitato di vedere di recente –
risparmiamo al lettore l’immagine sul retro – non c’è "il disco
dell’anno" o "una delle più interessanti scoperte degli ultimi
tempi" ma semplicemente della buona musica.
Diciamo
subito che se "varietà" sarebbe tra le prime parole di una lista
utile a descrivere succintamente l’album "coerenza" non figurerebbe
neppure agli ultimi posti. Con (non troppo) sorprendenti conseguenze: distratti
da un limpido cielo blu estivo notavamo all’improvviso che l’album che stavamo
ascoltando, così diverso da quello dei Sick Boss ascoltato in precedenza, era
in realtà sempre quello!
I primi
brani – un ottimo esempio è quello di apertura, che con quasi otto minuti di
durata è anche il più lungo dell’album – presentano un quadro che non è
azzardato collegare a climi da Rock In Opposition: se la combinazione
violoncello-fisarmonica rimanda agli Skeleton Crew, la compresenza di organo e
clarinetto (e violoncello) riporta alla mente gli Aksaq Maboul; anche se è
ovviamente possibile che gli elementi-chiave della formazione (ci arriviamo tra
un istante) non li abbiano mai ascoltati.
Il quadro
cambia, con palesi riferimenti "pop"; mentre un’asprezza
chitarristica presente a tratti e una passione per tinte elettroniche
"sommate" al resto ci fanno supporre che tra la musica di cui si è
fatto tesoro non debba mancare il rock "indie" statunitense degli
anni novanta di etichette quali Quarterstick e Thrill Jockey.
Diamo
un’occhiata alla formazione: Cole Schmidt a chitarre
ed effetti, James Meger al basso e agli effetti, Dan Gaucher a batteria ed
effetti, Peggy Lee al violoncello, JP Carter alla tromba e agli effetti, Tyson
Naylor a sintetizzatore, organo, pianoforte, fisarmonica ed effetti, Jeremy
Page al clarinetto.
Se abbiamo ben capito, Schmidt, Meger e Gaucher costituiscono il
"core trio" della formazione, con il primo a scrivere la quasi
totalità dell musiche; l’apporto timbrico-interpretativo non fa però degli
altri delle "figure minori". Se Peggy Lee – e JP Carter – sono
ormai vecchie conoscenze, è ancora fresco il ricordo di Meger e Naylor sul
bell’album di Ron Samworth intitolato Dogs Do Dream.
Ci sono poi i "nomi aggiunti", il cui ruolo – pur
limitato – non è per questo meno decisivo: Tony Wilson alla chitarra, Ted
Crosby al clarinetto e al clarinetto basso, Debra-Jean Creelman e Molly
Guildemond alle voci, Malcom Jack al (per noi misterioso) MFB-502 drum
computer. Lo stile di Wilson, molto diverso da quello di Schmidt, aggiunge
colore a tre brani, i clarinetti di Crosby ampliano la tavolozza, e le voci
delle due cantanti – che ci accorgiamo con un pizzico di vergogna essere
discretamente famose, ma che non avevamo mai sentito nominare – aprono scenari
inediti.
Le musiche dell’album dichiarano esplicitamente un procedere
"a strati", con un lavoro di sovraincisione, montaggio e editaggio
che dev’essere costato molto tempo e attenzione. Le note di copertina,
presentate in stile "labirinto", non agevolano certo la giusta
attribuzione degli accreditamenti. Questo quanto da noi compreso. Registrato da
Eric Mosher al Warehouse Studios di Vancouver. "Extra additional
recording, editing, radical reconstructive surgery, effects, and
processing" opera di James Meger allo Slug Bait. Missato da Sandro Perri a
Toronto. Masterizzato da Jesse Zubot al Britannia Beach Bunker in BC, Canada.
Amadman apre l’album con effetti, loop, un ostinato di basso,
percussioni, una linea melodica per chitarre, clarinetto, batteria,
violoncello, elettronica, in crescendo. Cesura a 1′ 44". Riprende il tema,
ora più arioso, si scorge un organo, clarinetto, la tromba a lanciare la
melodia, fisarmonica. Una cesura identica a 3′ 14", ma ripetuta. Il brano
si allarga in senso orchestrale, con bel crescendo batteristico. A 4′ 52"
si cambia nettamente atmosfera, con elettronica di sfondo, suoni particellari,
chitarre, clarinetto, tastiere, batteria sul tempo, un episodio rallentato che
cresce in intensità. Sfuma, taglio.
Bad Buddhist apre con una figura per chitarre, piccole
percussioni, entra il violoncello, poi il gruppo in terzinato, chitarre,
tromba, tastiere, clarinetto basso; il basso elettrico sottolinea l’atmosfera,
torna la melodia, ora per organo e fiati. A 2′ 30" il brano vira verso un
assolo di tromba ben sostenuto da vivace rullante e bei piatti, e da un ricco
sottofondo. A 4′ 18" cesura, arpeggio chitarristico, e una frenetica coda
con tastiera e fisarmonica, clarinetto.
Ruthless Waltz apre con un pigro accordo di chitarra acustica in
primo piano, entra una melodia per tromba e chitarra, poi violoncello,
pianoforte, bei piatti. Pianoforte e batteria in primo piano, poi violoncello.
A 2′ circa l’atmosfera si fa più libera, con tromba in evidenza, per poi
sfumare a 3′ 08" verso un violoncello e pianoforte in rubato. In chiusura,
ritorna la pigra chitarra acustica.
Bug Ya! (pt. 1) apre con elettronica, drum computer e suoni vari.
Un mid-tempo su cui si innesta una melodia vocale che ci riporta ai Ruby di
Salt Peter, ma siamo lontani dalla vocalità acidula di Lesley Rankine. Diremmo
più calzante il paragone con Petra Haden che interpreta Yuka Honda. Strano
cambio di atmosfera che si conclude "cacofonicamente".
They’ve Got Tombstones In Their Eyes apre con pianoforte, chitarra
acustica, poi un tema per violoncello, elettronica, piatti effettati, batteria
sul tempo, potremmo dire di un’atmosfera floydiana, e c’è una chitarra con
e-bow – o è un plug-in? Poi il brano si spegne "nello spazio".
See You Out There è uno stranissimo c&w terzinato, belle voci
melodiche, anche qui echi di Petra Haden e Yuka Honda, c’è un bel rullante con
le spazzole, basso elettrico, chitarra arpeggiata, organo con effetto
"percussion", uno sciolto assolo di tromba, si chiude.
Mona apre con arpeggio di elettrica, poi tema per violoncello,
tempo, bella fisarmonica ad arricchire il tema, ritmica agile. A 2′ 38"
stacco, e su uno sfondo "lunare", con organo, effetti, voci, echi,
note singole di clarinetto, si inseriscono la ritmica, la chitarra "a
strappi" e "spazzate" di organo. A 5′ 45" stacco, e in
compagnia di un synth "white noise" si torna al tema per violoncello
e tromba, con chitarra arpeggiata.
Bug Ya! (pt. 2) apre in assolvenza, figura di basso e batteria,
due chitarre, stacco a 1′ 22" con figura fortemente ritmica, poi ingresso
di organo e synth e chiusa in stile "rock spaziale".
Troubled spunta del tutto a sorpresa, e anche se la sua presenza è
l’ennesimo attacco alla coerenza piace lo stesso. Ripresa di un brano scritto e
cantato da Elizabeth Powell – spiace dire che non conosciamo né l’uno né
l’altra – apre con due versi che ci fanno supporre la presenza vocale di Ani
DiFranco (non c’è), la cui interpretazione "trembling" appare
inconfondibile nelle parole "taste", "chasin’" e
"here". Poi il brano si arricchisce di timbri e porta degnamente a
conclusione questo curioso lavoro.
Beppe Colli
© Beppe Colli 2017
CloudsandClocks.net | Aug. 29, 2017