Intervista a
Peggy Lee (2014)
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di Beppe Colli
Nov. 30, 2014
Come già estesamente argomentato
in sede di recensione, Beast To Bone – album pubblicato sotto la sigla
collettiva The Sands – è stato per chi scrive una gran bella sorpresa, e per
molteplici motivi: album di canzoni la cui bellezza non va a discapito
dell’accessibilità, ben registrato a dispetto di un’autoproduzione che
immaginiamo di non grosso budget, begli arrangiamenti, un’azzeccata produzione
da parte di Jesse Zubot, cangianti impasti vocali dove il ruolo di primo piano
è affidato a Julie McGeer, anche autrice dei testi, fantasiose composizioni
dalla ricca strumentazione frutto della penna di Peggy Lee, qui insolitamente
impegnata anche al pianoforte, oltre che al suo abituale violoncello.
Quale migliore occasione per contattare Peggy Lee e chiedere
un’intervista (via e-mail)? Detto fatto.
E’ passato tanto tempo dall’ultima volta che abbiamo
fatto una chiacchierata… quasi sei anni! Nel frattempo hai pubblicato un
altro bell’album della Peggy Lee Band, Invitation, che mi è piaciuto molto, e
sono sicuro che ci sono altri album e tour di cui non so niente. Ma come puoi
immaginare, sono rimasto molto sorpreso nell’apprendere che stava per uscire un
tuo nuovo album di canzoni. Alcuni dei tuoi album precedenti comprendevano
versioni strumentali di canzoni scritte da altri, ma ovviamente questa è una
cosa del tutto diversa. Vuoi dirmi com’è nata l’idea di questo lavoro?
Beh, io adoro le canzoni e le belle interpretazioni dei cantanti,
ma per quel che mi riguarda non sono mai stata portata a
"raccontare". Questa collaborazione con Julie McGeer ha preso corpo
perché mi è stato chiesto di scrivere una canzone da far cantare a Robin
Holcomb da includere in un album che una band di Vancouver, Talking Pictures,
stava facendo con Robin e Wayne Horvitz. L’idea era di avere sull’album una
maggiore quantità di contenuto canadese, in modo da soddisfare i requisiti di
un finanziamento che avevamo ricevuto.
A ogni modo, ho scritto della musica e ho chiesto alla mia
amica Julie di scrivere le parole. La canzone era Against The Drift. Dopo di
che Julie e io ci siamo sentite gasate e in un tempo molto breve abbiamo
scritto un bel po’ di canzoni. Ma ci abbiamo messo un po’ a capire cosa
dovevamo fare con quel materiale. Alla fine lo abbiamo portato a Jesse Zubot e
gli abbiamo chiesto di produrre un album.
Dando un’occhiata ai nomi dei musicisti che suonano
sull’album ho notato che il trombonista Jeremy Berkman è l’unico membro del tuo
ottetto che hai coinvolto, anche se dal punto di vista timbrico la musica di
Beast To Bone mi ricorda molto la tua "firma", in cose come la tromba
solista che compare spesso sull’album e quegli abbinamenti di fiati e archi.
Come hai scelto i musicisti che suonano su Beast To Bone?
Beh, mi piacciono molto i fiati e ho sempre sentito quel
suono unico della tromba di J.P. Carter in questa musica, ma è stato Jesse che
ha scelto la gran parte dei musicisti e noi ci siamo fidate di lui. Non avevo
mai incontrato Paul Rigby o Darren Parris prima d’ora, anche se avevo sentito
il lavoro di Paul con Neko Case. Con Barry Mirochnik avevo suonato sulla musica
di Veda Hiller e mi era sempre piaciuto il suo modo di suonare la batteria ma
non avevo mai lavorato con lui sulla mia musica. Cole Schmidt è un giovane
musicista molto valido che nell’ultimo periodo ha avuto una parte importante
nel rivitalizzare la scena musicale creativa di qui. E’ il leader di un paio di
gruppi, Pugs And Crows e più recentemente Sick Boss, di cui faccio parte. A
ogni modo, le cose non sarebbero potute andare meglio. Sono tutti musicisti
superbi e hanno dato un grande contributo di energia e generosità.
Qualche anno fa sei stata tu a parlarmi per la prima
volta di Jesse Zubot, violinista e proprietario di una casa discografica, e i
tuoi ultimi due album sono stati pubblicati dalla sua etichetta, la Drip Audio.
Com’è ovvio, quello del produttore è un ruolo molto importante per la
realizzazione di un album. Potresti parlare dei motivi che ti hanno indotto a effettuare
questa scelta?
Jesse lavora in tanti contesti diversi in qualità di
musicista, compositore e produttore e conosce molto bene la mia musica ma sa
anche e capisce perfettamente come un album di canzoni come questo deve
suonare, quindi era la persona perfetta per fare il produttore. E’ stata una
scelta facile, un processo decisionale estremamente semplice. In più, è una
persona eccellente!
Nella mia recensione di Invitation ho parlato in termini
estremamente positivi del suono dell’album, registrato da Eric Mosher negli
studi Warehouse a Vancouver, e ho notato che ha un ruolo anche sul nuovo album.
Me ne vuoi parlare?
Sì, negli ultimi anni abbiamo avuto un buon rapporto con
Eric e con lo studio Warehouse. E’ uno splendido studio e lui ci lavora tanto,
così ovviamente lo conosce bene. Lo studio è quasi sempre occupato da gruppi
rock dal grosso budget che lo usano per settimane, ma siamo stati fortunati nel
potercene servire di tanto in tanto.
Ovviamente sono particolarmente curioso di sapere qualcosa
di Julie McGeer, che ha scritto i testi e cantato le parti soliste.
Julie e io siamo grandi amiche da molti anni; ci siamo
conosciute attraverso la musica ma era da tantissimo che non suonavamo insieme;
a ogni modo, in precedenza non avevamo mai scritto insieme. Ma non appena siamo
partite tutto è andato liscio e senza alcuna difficoltà.
Io ho scritto la musica e lei ci ha adattato le parole.
L’unica canzone per la quale le cose sono andate diversamente è Devil, per la
quale lei ha scritto prima le parole. E’ anche una pittrice, una fotografa, e
scrive musica. Una persona molto creativa in tutti i campi!
Vorrei sapere i motivi per cui sull’album è stato incluso
il classico di John Lennon, Jealous Guy.
Beh, è un’idea che mi è venuta tanto tempo fa. Ho scritto un
pezzo per il mio gruppo, Distance, che si trova sul nostro secondo album, e
mentre scrivevo quel pezzo sentivo la canzone Jealous Guy su una sezione del
mio pezzo. A quel tempo abbiamo anche provato a prepararlo per una
serata-tributo a John Lennon ma non si è davvero sviluppato pienamente finché
non abbiamo fatto queste session.
Il nuovo album ha un suono che dev’essere costato un
sacco di soldi – però vedo che è un’autoproduzione, quindi presumo che sia
anche autofinanziato. Come hai fatto ad avere un suono così bello? A proposito:
sei in rosso?
Beh, mi fa piacere che ti piaccia il suono. Questo è tutto
merito di Jesse, che ha lavorato davvero sodo al missaggio e alla
masterizzazione. Ma le sedute di registrazione vere e proprie sono durate tre
giorni consecutivi. Tutto veloce e ben focalizzato. E poi abbiamo fatto qualche
giorno di sovraincisioni di archi, fiati e voci.
In termini di finanziamento è una domanda che dovresti
rivolgere a Julie. In effetti, tutte queste domande dovrebbero essere rivolte
anche a Julie, in qualità di co-leader e cantante del gruppo!
Vedo che oltre a Julie McGeer, Barry Mirochnik e
Debra-Jean Creelman sono impegnati alle voci. Chi avevi in mente come
ispirazione quando hai creato quegli impasti vocali?
A dire il vero mi sono tenuta lontana dalle sedute di
registrazione delle voci. Sia Jesse che Julie avevano delle idee e ho sentito
che sarebbe stato meglio se io fossi rimasta al di fuori. E sono davvero felice
di averlo fatto, dato che sono successe cose che io non avrei immaginato e che
hanno portato la musica in un posto diverso e nuovo.
In effetti questa è la cosa che mi è piaciuta di più di
questo progetto: abbandonare il mio scopo e le mie idee originali e cedere il
controllo della musica a Jesse e agli altri.
Sono stato piacevolmente sorpreso nel vedere il tuo
pianoforte tra i protagonisti dell’album, in special modo su pezzi come Against
The Drift e Trail Of Tangles. Se non sbaglio non c’era pianoforte negli album
che hai realizzato prima d’ora. Ti sentiremo suonare di nuovo il piano nelle
tue prossime uscite?
No, io non suono davvero il piano, tranne che per comporre
musica, e non era neppure detto che lo avrei suonato in quest’album, ma alla
fine è sembrato giusto farlo. E’ stato bello provare a fare qualcosa di nuovo,
e sono contenta di averlo fatto, ma al momento non ho in programma di inserire
il mio piano in nessuno dei miei altri progetti.
La musica di Beast To Bone è davvero accessibile, e credo
che in un mondo perfetto andrebbe in classifica! Che possibilità ci sono che
questa musica venga portata su un palco? Intendo dire, tour e cose simili?
Solo il tempo lo dirà. Come avrai notato con tutti i miei
gruppi, fare un buon numero di performance non è il mio forte, ma sarebbe
interessante vedere come la musica potrebbe svilupparsi in una dimensione dal
vivo.
C’è qualcosa che vuoi aggiungere?
Solo sottolineare che quest’album è stato davvero un lavoro
di collaborazione con Julie, Jesse e tutti gli altri musicisti che hanno
partecipato, e spero che ciò venga compreso.
© Beppe Colli 2014
CloudsandClocks.net | Nov. 30, 2014