Blues & Chaos – The Music Writing Of Robert Palmer
By Robert Palmer
Edited by Anthony DeCurtis
Scribner 2009, $30.00, ppxxiv-452
Ricordiamo
perfettamente la prima cosa scritta da Robert Palmer che ci capitò di leggere:
le belle note di copertina poste a corredo dell’album di Anthony Braxton
intitolato Five Pieces 1975. E il nostro ricordo è tanto più vivo in quanto
carico della gratitudine da noi provata a quel tempo per la chiarezza,
la profondità e l’utilità di quelle note per la nostra comprensione di
quell’album, il primo di Braxton che ci fu possibile acquistare (e il suo
secondo per la mini-Major Arista). E se un piccolo aneddoto lasciava scorgere
tra le righe la possibilità che questo Palmer sapesse suonare uno strumento
ad ancia, la nota posta alla fine dello scritto non lasciava dubbi sul
suo status di critico: collaboratore dell’edizione domenicale del New York
Times, Contributing Editor di Rolling Stone e Down Beat.
Ricordiamo
anche la seconda cosa scritta da Palmer che leggemmo: nel volume del 1984
intitolato David Bowie’s Serious Moonlight, cronaca esaustiva dell’omonimo
tour seguito alla pubblicazione di Let’s Dance, faceva bella mostra di
sé la riproduzione tipografica di un articolo del New York Times dedicato
ai concerti effettuati da Bowie al Madison Square Garden. Ricordiamo bene
anche la terza: unitamente a quella apparsa sul mensile statunitense Musician,
la percettiva ed entusiastica recensione del cofanetto The Complete Stax/Volt
Singles: 1959-1968, scritta nel 1991 da Palmer per Rolling Stone, fu la
ragione che ci indusse all’acquisto.
Quella
di Palmer fu una figura di critico destinata a rimanere per noi sullo sfondo
sino al giorno in cui, proprio su Rolling Stone, ci capitò di leggerne
il necrologio: America’s Pre-eminent Music Writer Dead At 52. Era il 1997.
E se quel necrologio non era certo in grado di sorprenderci per quanto
riguarda la profondità e la versatilità del lavoro di Palmer, furono la
sua quantità e la sua influenza a costituire per noi una vera rivelazione.
Parlare di importanza enorme potrà forse sembrare strano per un critico
che non viene citato con la stessa frequenza di colleghi illustri quali
Lester Bangs, Richard Meltzer, Greil Marcus e Robert Christgau, e se accostare
termini quali
"centrale" e "defilato" non sembra inappropriato, dare
un’occhiata alle parole di stima contenute nelle frasi pronunciate da artisti
quali Robbie Robertson, Bonnie Raitt, Mick Jagger, Yoko Ono e Bono che appaiono
sul retrocopertina di questa antologia potrà costituire un buon punto di
partenza.
La bella
prefazione di Anthony DeCurtis, il noto critico statunitense collega di
Palmer che ha curato in prima persona la scelta del materiale contenuto
in Blues & Chaos, funge da perfetta illustrazione di questa complessità.
Se la bibliografia – su tutto il celebre volume del 1981 intitolato Deep
Blues: A Musical And Cultural History Of The Mississippi Delta – ci conferma
l’idea che ci eravamo fatta di Palmer, la mole di lavoro effettuata per
riviste quali Down Beat, Guitar World, Musician, Crawdaddy! – oltre ovviamente
a Rolling Stone e al New York Times, quotidiano dove dal 1981 al 1988 ricoprì
il ruolo di Chief Pop Music Critic – va sommata all’attività didattica
svolta alla University Of Mississippi, all’enorme quantità di note di copertina
scritte per album e cofanetti, alla cura di documentari quali Deep Blues:
A Musical Pilgrimage To The Crossroads e The World According To John Coltrane,
alla produzione di album. Suonava sassofono e clarinetto (anche due album
incisi con la formazione burroughsianamente denominata Insect Trust).
DeCurtis
ha operato saggiamente, dividendo Blues & Chaos in capitoli diversi
per "stile". Ma la lettura ripetuta del volume – alcuni legami
sono dichiaratamente esplicitati, altri divengono evidenti quasi subito
– consente di individuare una certa unitarietà di fondo nell’approccio
sottostante ai diversi "campi". Stante quella che per noi è una
certa disparità qualitativa dei risultati raggiunti (almeno per come ci
appaiono in quella che è, dopo tutto, un’antologia) ci sentiamo di dire
che la decisione di DeCurtis di presentare un panorama il più ampio possibile
è senz’altro da condividere. Il volume presenta materiali racchiusi tra
il 1971 – con un estratto da Up The Mountain, lo scritto apparso su Rolling
Stone quale
"storia di viaggio" in quel Marocco dei Masters Musicians Of Jajouka
poi rivisitato in un pezzo del 1989 qui incluso, Into The Mystic – e il 1997,
anno dal quale provengono le note di copertina scritte per il davisiano Kind
Of Blue.
Il settore
che diremmo presentare il minor numero di rivelazioni è quello che potremmo
mettere sotto l’etichetta di "rock moderno", e non certo per
difetto di sintonia o percettività. E’ che nomi quali Velvet Underground,
Lou Reed, David Bowie, Stooges, MC5, Patti Smith, Richard Hell, Joy Division,
X, Swans, Sonic Youth e Band Of Susans sono stati ormai indagati a tal
punto da non poter offrire nulla di veramente nuovo, anche se abbiamo l’impressione
che la linea di sviluppo di Rock & Roll: An Unruly History sia decisamente
più complessa di quanto suggerito dal breve estratto qui contenuto.
Forse
paradossalmente, viene molto meglio il rock "classico", laddove
un lungo estratto da un’intervista del 1985 a Eric Clapton naviga in acque
pericolose e le note di copertina del cofanetto dei Led Zeppelin affrontano
in maniera colta la problematica "ladri del blues" mentre portano
alla luce il ricco collegamento del gruppo con la musica indiana e araba.
Un buon
punto di partenza per la lettura del libro può ben essere quello letterale,
con il comprensivo panorama di What Is American Music? del 1975 ad apparire
fianco a fianco all’estremamente colto – e non meno esilarante: si veda
la contrapposizione operata tra Darkness On The Edge Of Town di Bruce Springsteen
e Some Girls dei Rolling Stones – When Is It Rock And When Rock
& Roll? A Critic Ventures An Answer apparso nel 1978 sul New York Times.
Prevedibilmente,
il capitolo dedicato al blues offre ottime cose: Palmer riesce bene tanto
nel ritratto concentrato – si vedano le recensioni di album di Charlie
Patton e Robert Johnson – quanto nell’affresco di ricca complessità come
è qui il caso per il lungo articolo intitolato Muddy Waters: The Delta
Son Never Sets apparso nel 1978 su Rolling Stone, che è a un tempo storia,
esplorazione culturale e analisi musicologica.
Bella
anche la parte dedicata al jazz, con The Dominion Of The Black Musician
quale pezzo più intellettualmente stimolante accanto a brevi e indovinati
ritratti di Count Basie, Charles Mingus, Dexter Gordon, Sun Ra e Ornette
Coleman. Da parte nostra ci è dispiaciuto un po’ non vedere quella recensione
di due album di Roscoe Mitchell (The Flow Of Things e Four Compositions)
apparsa sul New York Times che riteniamo importante, ma qui soccorre la
Rete.
Molte
le vette del capitolo dedicato agli anni cinquanta. Innanzitutto la ricca
e complessa panoramica di The Fifties, da Rolling Stone, 1990. Poi quello
che a nostro avviso è il pezzo più ricco ed entusiasmante di tutto il volume,
le note di copertina del cofanetto Bo Diddley: The Chess Box (1990), dove
l’esplorazione connette il famoso Bo Diddley Beat all’ambiente musicale
e poi a Cuba e all’Africa mettendo fine a una lunga sottovalutazione. Eccellenti
anche i lunghi ritratti di Sam Phillips: The Sun King (1978) e The Devil
And Jerry Lee Lewis (1979).
Un altra
vetta è costituita dalle lunghissime note di copertina scritte per il cofanetto
intitolato Ray Charles: The Birth Of Soul (1991), mentre quelle per Night
Beat di Sam Cooke (1995), pur brevi, non sono per questo meno illuminanti.
E c’è anche la recensione del cofanetto della Stax, The Complete Stax/Volt
Singles: 1959-1968, di cui s’è già detto.
Dopo le
parti dedicate al Classic Rock, al duo John Lennon e Yoko Ono (non priva
di interesse) e al Punk Rock And Beyond entriamo in quella che tematicamente
è per certi versi la seconda grande "area" del libro.
Il capitolo
intitolato World Music: The World Is Changing And So Is Our Music offre
innanzitutto un bell’articolo apparso nel 1979 sul New York Times con il
titolo di The Resounding Impact Of Third-World Music: c’è un’interessante
partizione tra musica indiana, del sud-est asiatico, africana, del medio
oriente e indiana d’America; riferimenti pertinenti a Kashmir dei Led Zeppelin
e alla disco, agli Head Hunters di Herbie Hancock, ad Anthony Braxton,
Karlheinz Stockhausen, John Cage, La Monte Young, Terry Riley, Philip Glass,
Steve Reich. Seguono pezzi su Prandit Pran Nat e la musica araba, dal New
York Times.
Segue
il capitolo dedicato alle esperienze in Marocco cui si è già accennato
e che lasciamo all’esplorazione del lettore.
Preceduti
da un lungo estratto da un’intervista con William Burroughs apparsa nel
1972 su Rolling Stone, un bell’articolo su La Monte Young (Rolling Stone,
1975), un’intervista approfondita a Terry Riley (Down Beat, 1975), le note
di copertina scritte per Einstein On The Beach di Philip Glass (1979) e
una recensione di album di Jon Hassell ed Anthony Davis.
Molte
sono a questo punto le considerazioni che sarebbe possibile fare, la gran
parte delle quali abbiamo scelto di sacrificare in favore di un procedere
quanto più possibile "descrittivo" e in quanto tale più propizio
a far sì che il lettore abbia a disposizione il maggior numero possibile
di elementi utili per un eventuale acquisto.
Vorremmo
però sottolineare come la maggior parte degli scritti di Robert Palmer
contenuti in questa antologia, alcuni dei quali di lunghezza che oseremmo
dire entusiasmante, provenga da quotidiani e riviste ad alta tiratura e
ad alta remunerazione quali Rolling Stone e il New York Times, lo stesso
essendo vero per le note di copertina commissionate da case discografiche
di larghe vedute e dai larghi mezzi. Al lettore il compito di trarre le
logiche conseguenze.
Beppe Colli
© Beppe Colli 2010
CloudsandClocks.net | Jan. 15, 2010