Randy Newman
The Randy Newman Songbook Vol. 2
(Nonesuch)
Il 2011
ha fatto a Randy Newman un gran bel regalo: il premio Oscar (e così siamo
a quota due) attribuito alla sua canzone We Belong Together, contenuta
nella colonna sonora del film Toy Story 3. Una circostanza che fa indubbiamente
piacere (e tanto, ne siamo sicuri, ne avrà fatto anche a lui, pur a fronte
di un numero incredibile di nomination andate a vuoto) ma che ci sembra
confermare il vecchio divario esistente tra l’apprezzamento degli "addetti
ai lavori" e quello dello spettabile pubblico pagante.
Non sapremmo
dire quale legame esista tra le due cose, ma a pochi mesi dall’attribuzione
di quel premio – e otto anni dopo la pubblicazione del volume 1 – ecco
spuntare il volume 2 del Randy Newman Songbook. La cosa un senso ce l’ha:
presentare la musica di Newman a un pubblico che forse solo oggi, e proprio
grazie a quel premio, ha sentito per la prima volta il suo nome.
Come il
suo predecessore, anche The Randy Newman Songbook Vol. 2 presenta un estratto
del repertorio del musicista nella versione per solo voce e piano già ben
nota in concerto. L’album è prodotto da due vecchie conoscenze: Mitchell
Froom e Lenny Waronker. Ottimamente registrato nei losangelini Conway Studios.
Tecnico: David Boucher. Masterizzazione opera del celeberrimo Robert C.
Ludwig, ovviamente nei leggendari Gateway Mastering Studios. Più o meno
la stessa ricetta che aveva contribuito alla buona riuscita del volume
1. Diremmo però il nuovo album in qualche modo superiore: se il predecessore
aveva affiancato pagine familiari – e in un certo senso "obbligate" –
a cose meno solite, qui la scaletta, pur altrettanto eterogenea e in grado
di offrire più di una sorpresa, ci pare fluire in modo più sciolto. Durata
da vecchio LP, diremmo appropriatamente. Confezione essenziale (ma c’è
un libretto con tutti i testi), e un prezzo che certo non scoraggia l’acquisto
esplorativo.
Diamo un’occhiata
al dettaglio. C’è un brano dall’album di esordio, Randy Newman (Cowboy),
e poi tre da 12 Songs (Suzanne, Lucinda e Yellow Man), due da Sail Away
(Last Night I Had A Dream e Dayton, Ohio – 1903), due da Good Old Boys
(Birmingham e Kingfish), uno da Little Criminals (Baltimore), uno da Born
Again (The Girls In My Life, Part 1), due da Trouble In Paradise (Same
Girl e My Life Is Good), uno da Land Of Dreams (Dixie Flyer), uno da Randy
Newman’s Faust (Sandman’s Coming) e due (Losing You e Laugh And Be Happy)
dal recente Harps And Angels (2008).
E’ vero
che rispetto agli album di studio qui perdiamo orchestra, gruppo rock e
arrangiamenti. Ma proprio perché "nude", queste versioni mettono
perfettamente in mostra la cifra compositiva delle canzoni, sottolineando
al contempo la vocalità apparentemente rozza ma in realtà altamente stilizzata
di Newman e il ricco retroterra del suo pianismo – oltre, ovviamente, al
rapporto tra i due.
Parlavamo
di sorprese. La prima (in senso letterale: è il brano di apertura) è data
dalla possibilità di ascoltare Dixie Flyer con un pianoforte vero al posto
del Synclavier usato da Mark Knopfler in qualità di produttore del brano
su Land Of Dreams. L’ultima sorpresa (in senso letterale: è il brano di
chiusura) è data dall’esecuzione di Cowboy: senza orchestra, ma con il
piano – proprio lo strumento mancante nell’esecuzione originale! Altra
curiosità, la voce di Newman a sostituire quella di Linda Ronstadt su Sandman’s
Coming. Per gli amanti delle sottigliezze: il piano di Newman su Same Girl
a prendere il posto di quello di Ralph Grierson.
Ovviamente
immutata la miscela di stili: echi di pianismo targato New Orleans, 40s
jazz, ragtime, blues e quella personale esplorazione della musica classica.
Groove
"rolling", e accordi sofisticati. Yellow Man, Suzanne, The Girls
In My Life (Part 1) e King Fish vivono fra blues e ragtime. Losing You e
Sandman’s Coming offrono un’apertura melodica. Sulle prime la versione "nuda"
di My Life Is Good ci ha un po’ scioccato, abituati come siamo alla ricca
orchestrazione dell’originale (e quel "Blow, Big Man!"), ma questa versione
è più immediata. Ritornano i momenti più mossi con Birmingham e Last Night
I Had A Dream, seguite da quella toccante Same Girl che per chi scrive è
forse la vetta dell’album. Atmosfera più "rock" per Baltimore,
da musical per Laugh And Be Happy, blues per Lucinda, e malinconica, da "period
piece", per Dayton, Ohio – 1903, con Cowboy a fungere da appropriatissima
chiusa.
L’album
dimostra senza alcun dubbio che il repertorio di Newman non è invecchiato,
e che il suo esistere al di fuori delle mode rende impossibile la datazione
dei singoli brani. Mentre proprio quel mancato successo dei grandi numeri
gli consente oggi di non essere costretto a presentarsi dal vivo come un
juke box umano – che è il rovescio della medaglia toccato in sorte a tanti
suoi contemporanei. Come ben dimostrato da Harps And Angels, il Newman
"adulto" non ha perso la sua verve creativa. Il futuro è aperto.
Beppe Colli
© Beppe Colli 2011
CloudsandClocks.net
| May 19, 2011