Soul
Picnic
Intervista
a
Michele
Kort
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di Beppe Colli
Dec. 27, 2002
Se la questione concernente
le "influenze musicali" non è certo tra quelle di
più semplice decidibilità, accoppiata alla nozione di
"artista di culto" è in grado di produrre una miscela
esplosiva destinata ad accendere furiosi dibattiti. La faccenda è
complicata da due ordini di motivi: dato che la musica rock ha oramai
mezzo secolo di vita, un nome può benissimo passare da "conosciutissimo"
ad "artista di culto" e di nuovo a "conosciutissimo"
e così via, il che – alle condizioni presenti – dipende molto
più dall’orizzonte temporale dei consumatori che da quello
dei critici; il tutto in un contesto dove la notorietà è
moneta spendibile.
Al momento è
più agevole elencare i nomi dei gruppi che nel mondo occidentale
non si richiamano ai Velvet Underground che procedere in senso opposto:
influenza reale, presunta o millantata? E di quale dei quattro album
parliamo? C’è il caso Bacharach: se la memoria non difetta,
negli anni settanta Michael McDonald dei Doobie Brothers era l’unico
musicista noto a citarlo quale fonte di ispirazione; passato qualche
anno, i gruppi fanno a gara nel tesserne le lodi; ma è lo stesso
Bacharach di McDonald – melodia, armonia e ritmo – o quello riassumibile
nell’idea (dichiaratasi "postmoderna") di "Party +
Martini Dry"? E’ sostenibile che i King Crimson siano d’ispirazione
per il (cosiddetto) post-rock? Gli studiosi non sembrano esserne certi,
però il gruppo torna d’attualità a va a fare da spalla
ai Tool.
Il che, in modo
decisamente tortuoso, ci porta a Laura Nyro: discretamente nota alla
fine degli anni sessanta, poi sempre più "artista di culto"
fino alla morte, avvenuta nel 1997. I fan sperano sempre in una riscoperta,
che però appare decisamente improbabile per due ordini di motivi:
primo, le innovazioni – stilistiche e di contenuto – attribuibili
alla Nyro fanno ormai tanto parte della musica moderna da non essere
più oggetto di indagine per ciò che ne concerne la maternità
(e non è anche il problema di Dylan?); secondo (e, per più
versi, primo), le artiste più note tra quanti ne tessono le
lodi – Suzanne Vega e Rickie Lee Jones – non sono esattamente "nomi
bollenti" in classifica. Conta poco o nulla, quindi, sentire
alla radio il nuovo hit di Paula Cole o trovarsi a riflettere sull’esordio
discografico di una diciannovenne di nome Fiona Apple.
Sorprendente apprendere
della pubblicazione (la scorsa primavera, per i tipi della St. Martin’s
Press) di Soul Picnic, prima biografia di Laura Nyro. I timori erano
due: a) lavoro in stile "copia e incolla"; b) lavoro di
fan acritico pronto a lodare tutto (c’è poi la possibilità
a + b). Piace poter dire che Michele Kort ha prodotto un bellissimo
lavoro: ricco di documentazione pregressa ma arricchito da oltre un
centinaio di nuove interviste (anche a musicisti, tecnici e produttori),
dove la voce dell’autrice non è mai intrusiva ma non rinuncia
per questo a far conoscere il proprio punto di vista, a volte schiettamente
critico. Diamo per scontate discografia, bibliografia e puntigliosa
elencazione delle fonti.
Facile, quindi,
desiderare una conversazione, poi avvenuta (via e-mail) tra il 16
e il 19 dicembre.
Dopo
la pubblicazione di Soul Picnic hai fatto un tour promozionale negli
Stati Uniti. Mi parleresti delle reazioni al tuo libro, alla radio
o in altre occasioni?
Le reazioni sono state eccellenti. Nel corso di show radiofonici
c’è stato chi ha chiamato e ha detto di aver pianto ascoltando
la musica di Laura. Viene trasmessa molto raramente alla radio, ma
grazie al mio libro è stata trasmessa anche per un’ora o due
tutte in una volta, il che è stupefacente! In generale, ho
scoperto che la maggior parte dei fan di Laura Nyro condivide la stessa
esperienza: pensano tutti di essere i soli ad essere stati tanto toccati
dalla sua musica!
Se
non ti spiace partirei dall’inizio: cosa ti ha spinto a scrivere il
libro? (Tra parentesi, grazie per aver elencato i nomi dei musicisti
che hanno suonato sui primi album – proprio stamattina ho ricevuto
le nuove ristampe di Eli And The Thirteenth Confession e New York
Tendaberry e ho visto che i booklet si ostinano a omettere queste
informazioni! Alcuni potrebbero considerarlo un particolare trascurabile,
però…)
Beh, ero una grandissima fan di Laura Nyro. Dico sempre di essere
una fan del "Giorno Uno", dato che mi innamorai della sua
musica nell’autunno del 1966 quando ascoltai la sua versione di Wedding
Bell Blues suonata da una stazione radio in AM di Los Angeles. Da
quel giorno ho seguito la sua carriera, conoscevo tutte le sue canzoni,
l’ho vista molte volte dal vivo, ho collezionato articoli che parlavano
di lei (cosa che mi è stata d’aiuto quando ho iniziato a scrivere
il libro!) e così via. Quando morì rimasi assolutamente
sotto shock, e poi mi si spezzava il cuore a pensare che non l’avrei
mai più vista dal vivo. La prima settimana ho pianto ogni volta
che pensavo a lei. Poi un’amica mi ha detto: "Dovresti scrivere
un libro su di lei". Non ci avevo mai pensato. Pensavo che avrei
LETTO quel libro, certo non che l’avrei SCRITTO. Ma ho rimuginato
il suo suggerimento per una settimana e ho cominciato a pensare: "Perché
NON io?". Dopo tutto conoscevo bene tutta la sua carriera, avevo
collezionato tutti quegli articoli e avevo sempre voluto scrivere
una biografia. Da quel momento in poi si è trattato solo di
credere che potevo riuscire a farlo.
Qui in Italia, alla fine degli anni sessanta, molte delle canzoni
scritte da Laura Nyro che sono andate in classifica negli Stati Uniti
nell’interpretazione di altri gruppi – penso a Stoned Soul Picnic
dei Fifth Dimension, Eli’s Coming dei Three Dog Night e And When I
Die dei Blood, Sweat And Tears – venivano trasmesse alla radio. E
anche Save The Country era conosciuta, nella versione fatta da Julie
Discoll e Brian Auger sull’album Streetnoise, dato che il duo era
molto popolare qui. Ma credo che le versioni originali non siano state
quasi mai trasmesse. Mi parleresti dell’impatto degli album di Laura
Nyro negli Stati Uniti? Dovevano sembrare davvero originali – e per
molti forse non troppo facili da capire…
Nemmeno alla radio americana le versioni originali delle canzoni
di Laura Nyro erano molto suonate! Tranne che nelle radio "underground",
innovative. Ciò nonostante gli album della Nyro avevano un
consistente seguito di appassionati. Non sono stati dei grandi successi,
ma hanno venduto un discreto numero di copie. Gli studenti dei college,
in particolare, erano suoi fan accaniti. La sua musica sembrava parlare
molto direttamente ai giovani, uomini e donne, ed essi venivano fortemente
attratti da lei. La più grossa critica nei confronti della
Nyro è stata che la sua voce poteva essere stridula, ma sentivo
che a dirlo erano soprattutto i critici più vecchi. I fan della
Nyro ritenevano che la sua voce fosse fantastica e la sua musica irresistibile.
Personalmente la consideravo una sorta di guida all’amore adulto,
alla passione e alla maturità (anche se lei non era molto più
grande di me!).
Forse
il fatto che il tempo nelle versioni originali delle sue canzoni non
fosse molto regolare – faceva spesso uso del "rubato" –
ha avuto a che fare con la loro scarsa popolarità? Ma è
anche per questo che – a mio parere – esse suonano oggi decisamente
meno datate di molte altre canzoni di quel periodo. Comunque, artisti
già attivi a quei tempi – penso a Felix Cavaliere, Todd Rundgren
o Joni Mitchell – apprezzavano molto il suo lavoro, per non parlare
di future artiste come Suzanne Vega o Rickie Lee Jones…
Credo
che altri artisti cambiassero il tempo – persino nei loro rifacimenti
delle canzoni di Laura. No, credo che lei fosse davvero troppo intensa
per la radio mainstream. Piena di passione, libera. Fai il confronto
tra le cover version e le sue – i rifacimenti suonano addomesticati,
appiattiti. Ma i veri ARTISTI adoravano il suo lavoro, perché
riconoscevano la sua prospettiva originale e le sue rimarchevoli doti
di compositrice. Credo che molti fossero anche stregati dal suo carisma
sul palco.
Un
episodio riportato come vero in ogni enciclopedia del rock è
il suo essere stata fischiata al Monterey Pop festival. Ma dopo aver
letto il tuo libro credo che possiamo seppellire definitivamente questo
mito, giusto?
Spero
davvero che si smetta di considerarlo un fatto realmente accaduto!
E’ indubbiamente vero che lei non fu troppo ben accolta a Monterey
– i trionfatori del festival furono artisti rock come Jimi Hendrix,
gli Who e Janis Joplin – ma non è vero che venne fischiata.
Oggi puoi vedere la sua performance sul nuovo DVD del festival che
è stato pubblicato dal regista DA Pennebaker. Quando lui e
il produttore Lou Adler hanno guardato quel nastro, a molti anni dall’ultima
volta che lo avevano visto, tutto quello che hanno potuto sentire
alla fine del set di Laura è qualcuno che grida "Beautiful,
beautiful…" (ndi: si tenga qui presente che il suono iniziale
della parola beautiful si avvicina a quello di "boo", il
verso anglosassone comunemente usato per esprimere uno scarso gradimento.)
Un
argomento che mi piacerebbe tu affrontassi è quello che io
percepisco come il suo non volere "giocare secondo le regole",
nel senso commerciale dell’espressione. (Tra parentesi, il recente
numero speciale di Rolling Stone intitolato Women In Rock (# 608)
non ha mai citato Laura Nyro – un fatto che non è sfuggito
ad alcuni lettori – ma non ha nemmeno nominato musiciste quali Ani
DiFranco, Lisa Germano o Aimee Mann, notoriamente non molto "flessibili"
quando si tratta di questioni di business…)
Sì,
di solito Rolling Stone non dà il giusto peso al vero talento
femminile nella musica – quel giornale cerca soprattutto donne che
abbiano l’aspetto di prostitute! E dato che Laura Nyro non ha mai
suonato indossando un top scollatissimo (e nemmeno la DiFranco, la
Germano e la Mann, per quanto ne sappia), esse sono di pochissimo
interesse per Rolling Stone.
Per
quanto concerne il non "giocare secondo le regole" della
Nyro, ritengo che dopo aver assaporato il gusto del successo nel music
business agli inizi della carriera abbia deciso che preferiva la musica
al business. Non credo che l’essere molto famosa le si confacesse
– lei stessa ha detto che sebbene il suo pubblico fosse poco numeroso
era di buona qualità. Per tutta la vita ha sempre voluto fare
esattamente quello che voleva fare. E certamente non voleva cambiare
le sue canzoni per adattarle all’idea che qualcun altro aveva di un
"hit".
Di
recente la Sony ha ristampato tre dei primi album di Laura Nyro.
Ma alcuni titoli – ad esempio Nested o il live Season Of Lights
– sono fuori catalogo da moltissimo tempo. Mi sembra che tra i critici
il suo lavoro più tardo sia paragonato in termini non favorevoli
al materiale precedente. La mia percezione è corretta? E:
qual
è la tua opinione della sua produzione successiva a Nested?
Credo
che Season Of Lights verrà ristampato la prossima primavera
insieme a Christmas And The Beads Of Sweat e Smile. Sarà la
versione integrale dell’album, non la versione monca che è
stata pubblicata negli Stati Uniti nel 1977. Spero che successivamente
la Sony Legacy ristampi Nested e Mother’s Spiritual, che credo siano
molto sottovalutati. C’è dello splendido materiale su quegli
album. Ma è vero, il suo lavoro più tardo è stato
raramente considerato dai critici altrettanto valido o importante
di quello realizzato in precedenza. Personalmente amo Mother’s Spiritual,
ma mi ci vollero circa cinque anni perché io lo "capissi".
Era molto più rilassato dei suoi album precedenti e mi mancava
l’intensità tipica di Laura. Ma poi ho capito che lei aveva
completamente cambiato prospettiva, e che adesso stava creando musica
"intesa a guarire". Ho dovuto attraversare un periodo molto
teso e triste della mia vita per capirlo, poiché in quel periodo
Mother’s Spiritual era quasi la sola musica che riuscissi ad ascoltare!
Non sono una grande fan dell’album Live At The Bottom Line, e neanche
di Walk The Dog Light The Light. Tutti e due contengono alcune canzoni
che mi piacciono molto, ma credo davvero che il suo songwriting fosse
un po’ meno brillante rispetto al suo periodo iniziale – in special
modo per ciò che riguarda i testi – e non ho ritenuto che la
produzione di Walk The Dog fosse molto interessante. Vorrei che in
quegli anni Laura avesse lavorato con qualche produttore pieno di
entusiasmo, innovativo e giovane!
In
chiusura: c’è un album di Laura Nyro che consideri il tuo preferito?
New York Tendaberry.
Credo sia un capolavoro. Crea e mantiene un’atmosfera che è
quasi sinistra nella sua intensità. La strumentazione è
meravigliosa, la sua voce splendida, le canzoni stupefacenti. E ho
sempre pensato che Roy Halee, il produttore e tecnico, abbia catturato
il SUONO del silenzio su quell’album. Credo che sia praticamente perfetto.
C’è
qualcosa che vorresti aggiungere sul libro e su Laura?
La
mia intenzione era quella di darle il posto che le spetta nel pantheon
della storia della pop culture. Sebbene molti riconoscano la sua importanza
lei non è ancora nella Rock And Roll Hall Of Fame, né
nella Songwriters Hall Of Fame né è citata tra le top
female rock artists di un giornale come Rolling Stone. E questo è
assolutamente sbagliato. Nessuna delle giovani e ultrapopolari cantautrici
di oggi – e odio sembrare una vecchia brontolona, ma la maggior parte
sono mediocri – esisterebbe senza Laura Nyro. Lei ha tracciato il
sentiero. Lei ha reso tutto ciò possibile. E queste giovani
donne o non sanno nulla di lei oppure non le danno il riconoscimento
che le sarebbe dovuto. Riesci a immaginare una Laura Nyro o una Joni
Mitchell agli inizi della carriera che non conosce Billie Holliday
o Nina Simone? Al contrario, conoscevano e rispettavano chi era venuto
prima di loro. La Mitchell ha ottenuto i suoi riconoscimenti – anche
la Nyro li merita.
© Beppe Colli
2002
CloudsandClocks.net
| Dec. 27, 2002
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