Intervista a
Rory Magill
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di
Beppe Colli
Aug.
5, 2004
Come
già detto non molto tempo fa in sede di recensione, l’ascolto
di Some Ra – l’omaggio a Sun Ra inciso dal vivo dall’ampia formazione
canadese denominata Rake-Star – ci ha favorevolmente sorpreso. L’impresa,
va da sé, era decisamente rischiosa. Eppure diremmo che la formazione
è pienamente riuscita a rendere giustizia ai brani di Sun Ra,
riarrangiati con gusto e appropriatezza ed eseguiti con scioltezza e
notevole verve. Alle composizioni dell’illustre scomparso sono state
coraggiosamente accostate alcune scritture originali che a parere di
chi scrive riescono a reggere il confronto. Solisti frizzanti, insiemi
avvolgenti, impasti classici ma con una nota di bizzaro (e tre contrabbassi!),
ottima incisione.
Avendo
deciso di saperne di più, ci si è presentata l’occasione
di rivolgere alcune domande a Rory Magill, trombonista e percussionista
(nonché compositore) della formazione. Lo scambio che segue è
stato effettuato via e-mail nella seconda metà del luglio scorso.
Dato
che è la prima volta che ascolto i Rake-Star mi piacerebbe sapere
di più della formazione (che, tra parentesi, mi pare suoni ben
affiatata): vi siete messi insieme per questo specifico progetto o i
musicisti avevano già suonato insieme, in situazioni diverse?
Il plurifiatista
David Broscoe, il batterista Jamie Gullikson e io abbiamo un trio dedito
all’improvvisazione chiamato Rake. Broscoe è entrato in possesso
di alcune partiture di Sun Ra e allora abbiamo invitato alcuni amici
con cui c’è similarità di vedute per provare come venivano
suonate da un grossa band. Abbiamo invitato il sax tenore Rob Frayne
– una star locale del jazz – e lui ha portato con sé alcuni amici.
Rake più "la star", da cui il nome, che è anche
un anagramma.
Abbiamo
suonato una volta nel 2000, ci siamo divertiti un mondo, abbiamo abbandonato
la cosa per un anno, abbiamo suonato nuovamente insieme occasionalmente,
e poi l’anno scorso abbiamo registrato uno spettacolo dal vivo.
A dire
la verità non siamo tanto affiatati. Di solito facciamo una prova
per spettacolo, e tre o quattro spettacoli l’anno. Ma abbiamo avuto
la fortuna di lavorare con Ross Murray, un batterista e tecnico del
suono che ha registrato lo show come se fossimo in studio – un sacco
di microfoni a distanza ravvicinata – e così poi in sede di missaggio
abbiamo potuto fare degli aggiustamenti e sembrare ben affiatati.
Tutti noi
abbiamo suonato con altri membri del collettivo in gruppi più
piccoli e queste alleanze sono evidenti nella musica. Potremmo dire
che ci sono soprattutto due fazioni – quella jazz e quella anti-jazz
– e quindi spuntano piccole tensioni e scaramucce che forniscono al
gruppo un po’ del suo sapore.
Dimmi
qualcosa di te.
Quarantotto anni, sposato, figlia, cuoco daycare, casa, macchina. Piano
da ragazzino, poi chitarra, il basso da teenager, la batteria da adulto,
suonato la batteria nel Ghana, più tardi il trombone, ma ora
ho l’ernia, forse meno trombone. Dilettante.
Ho letto
nelle note di copertina che sull’album suoni il trombone e anche la
batteria – è quella cosa piccola che si vede sulla copertina
interna? Davvero strana…
Sì,
è quella cosa piccola. Il mio set completo è molto più
grande, e altrettanto strano, ma non più strano di quello di
Jamie. Dovresti vedere il suo. Non c’è mai abbastanza spazio
con tutta quella gente sul palco, e Jamie è il batterista principale,
così gli tocca più spazio.
Anche
se oggi è tutta l’avanguardia a passare sotto silenzio, direi
che la musica di Sun Ra è davvero poco conosciuta. Voglio dire,
la "leggenda" è una cosa, ma la musica non si ascolta
spesso. Ti dispiacerebbe parlarmi di come ha preso forma il vostro progetto?
Cos’è che vi ha affascinato nella sua musica – e nelle sue idee
a proposito della vita e così via?
Ogni componente
dei Rake-star ha tratto ispirazione da Sun Ra e dalla sua considerevole
eredità creativa, ciascuno in modo individuale. L’apprezzamento
collettivo del suo genio è stato quello che ci ha fatto mettere
insieme e che ci dà delle buone indicazioni quando suoniamo.
L’imprecisione
è un elemento importante della sua musica, o quanto meno l’apparenza
dell’imprecisione. Lui lavorava con l’Arkestra duramente, per ore e
ore, e aveva molti strumentisti esperti, e loro riuscivano a far sembrare
molte cose un capello troppo imprecise, creando un suono meravigliosamente
diverso. Questo attenua l’enfasi sul virtuosismo così spesso
associato al grande jazz, e incoraggia un’espressione musicale più
marcatamente individuale. Questo piace soprattutto ai dilettanti.
In effetti
abbiamo aggiustato un po’ questa imprecisione qua e là, e questo
aiuta a dare alla musica un maggiore appeal. D’altra parte facciamo
del nostro meglio per sovvertire le cose in altri modi, e la sovversione
è certamente un elemento di grande importanza nella musica di
Sun Ra.
Principalmente
a causa di fattori geografici, ho visto Sun Ra dal vivo solo una volta,
nel 1984 – direi che una buona approssimazione del concerto che ho visto
è il concerto del 1980 che è stato pubblicato dalla Hat
Hut con il titolo di Sunrise In Different Dimensions. Avete avuto occasione
di vederlo da vivo?
Molti di
noi hanno visto Sun Ra e le sue Arkestra dai nomi più vari. Io
l’ho visto due volte a Toronto. L’energia era incredibile, lo sfarzo,
i costumi, la danza, tutto completava la musica creando un villaggio
sul palco che mi ricordava moltissimo la vita del villaggio e la musica
del Ghana.
Ho anche
visto la Sun Ra Arkestra sotto la direzione di Marshall Allen al Guelph
Jazz Festival, il più importante festival di avant/jazz del Canada,
nel 2001. Hanno sfilato per il downtown mentre suonavano We Travel The
Spaceways e poi hanno fatto un concerto la sera. Mentre me ne tornavo
a Toronto dopo lo show uno dei ritmi è rimasto con me e quando
sono arrivato a casa era diventato un pezzo. Non vorrei sembrare troppo
sciocco, ma è come se si fosse scritto da solo, e in effetti
mi piacerebbe credere che Sun Ra stava girando lassù nelle vicinanze,
sorvegliando la sua touring Arkestra, e gentilmente ha spruzzato alcune
note sulla mia macchina. Queste sono diventate Don’t Do, che in seguito
si sono mescolate a We Travel The Spaceways. Con enorme fortuna, l’anno
seguente Rake-star è stata invitata a condurre la parata del
Guelph Jazz Festival, e abbiamo suonato i pezzi miscelati. Mi piacerebbe
poter dire che abbiamo seguito le impronte dell’illustre Sun Ra Arkestra,
ma in realtà siamo partiti dall’altro capo della città.
Nel
CD ci sono anche delle composizioni originali. Dato che ne hai composto
alcune, mi piacerebbe sapere qual è stato l’impulso all’origine
della decisione di includerle accanto ai pezzi di Sun Ra.
Non è
mai stata nostra intenzione imitare Sun Ra, così è stato
molto naturale per noi non solo arrangiare i suoi pezzi ma anche scrivere
cose nuove – non nei suoi stili, ma con la sua ispirazione.
Alcuni
membri è più probabile portino pezzi di Sun Ra da provare,
altri è più probabile portino pezzi originali.
A
volte sovrapponiamo composizioni di Sun Ra, o ci aggiungiamo sopra della
musica originale. Ci fa risparmiare
tempo nello spettacolo. Crea anche un nuovo tempo, ed è una ricetta
semplice e bella per una maggiore densità e una più grande
anarchia.
Qualunque
direzione prenda il gruppo, Sun Ra volteggerà sempre da lassù,
un po’ come uno spirito ancestrale.
C’è
un album di Sun Ra che ti piace più degli altri?
Avevo una
copia di Heliocentric Worlds quando avevo tredici anni. Non saprei dirti
quale volume. Potrebbe essere stato un errore da parte della ditta che
lo ha spedito. Così è come me lo ricordo, ma quanto è
probabile che una ditta per corrispondenza che fa pubblicità
sul retro di un giornale per famiglie tenesse dischi di Sun Ra? L’ho
ascoltato solo una volta o due. Credo che mi abbia spaventato, ma ha
portato a una consapevolezza di Sun Ra. Molto più avanti ho iniziato
ad ascoltare la sua musica con vero interesse, e mi è molto piaciuta
la sua irriverenza nei riguardi delle convenzioni e il suo amore per
l’esperimento audace. In verità però l’album che preferisco
è uno fra i meno avant-garde. E’ Blue Delight, uno dei due CD
che ha registrato per la A&M verso la fine della carriera. C’è
qualcosa di molto bello nel concludere un viaggio straordinario lungo
quanto una vita con un elegante cenno del capo nei confronti di quelle
tradizioni jazz dalle quali era partito. Quasi normale, ma non proprio.
Il suono era tutto suo, e ancora metteva il tempo in disordine.
Suoni
il trombone. Vorrei sapere di più sui tuoi strumentisti preferiti.
Principalmente
sono un batterista. Non molto studio o esperienza al trombone, solo
divertimento. Mi piacciono i suoni che vengono fuori, così mi
sono piaciuti Wolter Wierbos, Mangelsdorf, i Bauer, Paul Rutherford
e un canadese – Tom Walsh, uno strumentista molto creativo attivo nella
vivace scena di Montreal.
Come
vedi la situazione attuale per ciò che riguarda il jazz?
Per quanto
riguarda l’avant-garde, c’è sicuramente della grande musica in
Canada, principalmente nelle più grandi città come Vancouver,
Montreal, Toronto, probabilmente in quest’ordine. Ottawa è più
piccola ma almeno abbiamo abbastanza strumentisti interessanti da riempire
una piccola orchestra di questo tipo, e di tanto in tanto la città
riesce ad attirare artisti poco usuali. Una volta Sun Ra ha suonato
qui, e per un breve periodo ha avuto un ingaggio fisso a Montreal.
Il pubblico
per questa musica è solitamente piccolo, ma potresti dire lo
stesso per quanto riguarda New York la metà delle volte. Come
va in Italia?
©
Beppe Colli 2004
CloudsandClocks.net
| Aug. 5, 2004