The
Peggy Lee Band
Invitation
(Drip Audio)
Chi scrive
è un fan di Peggy Lee, diremmo con ottime ragioni: il suo modo di suonare
il violoncello, il suo stile compositivo e la sua abilità di arrangiatrice
ci sembrano tutte qualità impossibili da ignorare. Ma essere un fan implica
spesso essere molto esigenti con chi si stima, ed è per questo che in sede
di recensione avevamo scritto che l’ultimo album della Peggy Lee Band,
New Code (2009), era "definibile senza fatica come un buon lavoro,
pur non essendo (ancora) l’album che crediamo fermamente Peggy Lee abbia
dentro di sé".
Il punto
dolente è che la crescita di un organico implica spesso che si effettui
una lunga serie di concerti (pagati), cosa che nel clima odierno è poco
più di un’illusione. Avevamo quindi atteso la pubblicazione del nuovo album
dell’ottetto con una miscela di speranza e timore (mentre di tanto in tanto
vedevamo il violoncello di Peggy Lee fare capolino qua e là, la più recente
occasione essendo la sua partecipazione al bell’album di canzoni di Alicia
Hansen intitolato Fractography). Ci fa quindi molto piacere poter dire
che Invitation supera di molte lunghezze il suo predecessore, qualificandosi
come un successo quasi completo. I motivi sono molteplici, tutti individuabili
con chiarezza.
Diamo
un’occhiata alla formazione, rimasta immutata: ritroviamo la tromba e il
flicorno di Brad Turner, il sax tenore di Jon Bentley, il trombone di Jeremy
Berkman, il violoncello della Lee, le chitarre di Ron Samworth e di Tony
Wilson, il basso elettrico di Andre Lachance, la batteria di Dylan van
der Schyff. Prodotto da Peggy Lee e Dylan van der Schyff, l’album è stato
registrato da Eric Mosher nello studio Warehouse, a Vancouver, e missato,
editato e masterizzato da Dylan van der Schyff in un luogo bizzarramente
denominato Zio Uovo.
Il suono
registrato di Invitation è di gran lunga migliore di quello, pur buono,
di New Code. La conseguenza è che il lavoro dell’ensemble – oltre a essere
timbricamente più ricco e più bello – è ora anche più intelligibile, il
che rende più agevole apprezzare la tavolozza di colori degli arrangiamenti.
Diremmo inoltre che la leader abbia qui meglio integrato la dimensione
compositiva e quella improvvisata – ricordiamo che sull’album precedente
tre brani improvvisati si affiancavano a nove composizioni. Gli strumentisti
sembrano aver fatto un salto di qualità, a partire dai piatti di van der
Schyff, mai così nitidi e versatili. La gamma compositiva, pur varia, non
pecca di incoerenza, con uno spazio che ci è parso appropriato a climi
che definiremmo senz’altro vicini alla "musica da camera". Non
manca ovviamente il jazz, presente in buona quantità soprattutto negli
assolo dei fiati.
L’unico
difetto (che ci siamo sforzati di trovare) concerne una durata che diremmo
leggermente superiore all’ottimale (ma c’è chi considera un CD che dura
quanto un LP segno di tirchieria) e un paio di assolo non esattamente indispensabili
(ma immaginiamo che la leader abbia così inteso dare la giusta dose di
riflettori a ogni strumentista).
Diamo
un’occhiata al dettaglio.
Calda apertura
come da titolo, Invitation ha un sapore di "musica da camera",
un mid-tempo con breve e invitante assolo di tromba, cui fa seguito l’assolo
di sax tenore. Bella la sottolineatura dei piatti, ensemble
"a sbocciare".
Why Are
You Yelling? è un lungo brano dai molti episodi. Apre una introduzione
di chitarra
"rumoristica" sul canale sinistro (Tony Wilson?), poi un brusco
stacco introduce un’aria swingata che diremmo tipica di certe cose della
ICP Orchestra – anche il drumming richiama qui non poco Han Bennink, con
timbri percussivi e piatti squillanti – cui si aggiunge una chitarra
"rumorosa". Una "fanfara" con piatti agitati porta a
una lunga parte per solo trombone dal procedere tematico, cui si affianca
il violoncello della leader. Il sax tenore ci riporta allo "swing",
c’è un’aria melodica con arpeggio chitarristico, violoncello, piatti e fine.
Your Grace
ha un’apertura per violoncello, libero e "rubato". Entrata lirica
di tenore, tromba, basso e piatti. Tema, e un bell’assolo di violoncello
sugli arpeggi di chitarra, e i piatti. (Questo brano ci ha fatto venire
in mente Kenny Wheeler.)
La lunga
Chorale ha una complessa apertura percussiva a episodi, con il piatto suonato
con l’arco, oggetti in legno echizzati, e un piatto con le spazzole. Lento
aprirsi dell’ensemble. Un arpeggio quasi "frippiano" a sinistra
funge da tappeto per una improvvisazione (guidata?) multicolore. Ritorna
il tema per ensemble.
Path Of
A Smile è forse la cosa più "jazzata" dell’album, un mid-tempo
con assolo di tromba "davisiano". Assolo di basso (mah…), tema.
Not So
Far apre con quella che ci è parsa un’improvvisazione collettiva, poi un
arpeggio di chitarra e una bella parte di violoncello conducono a una melodia
lirica appannaggio di tromba, sassofono e trombone.
La lunga
Little Pieces apre con sax tenore, poi violoncello, arpeggio di chitarra
acustica, piatto cadenzato, tema per tenore, poi tromba. E’ un brano il
cui tema ci sembra combinare il lirismo del folk e il c&w (!) e che
diremmo non lontanissimo dai primi Nucleus – quelli con Chris Spedding
alla chitarra – e dalla "fusion folklorica" di Jukka Tolonen.
Bella soluzione, l’assolo alla 12 corde di Ron Samworth: prima un giro
di basso doppiato dalla chitarra, poi l’assolo della 12 corde. L’ensemble
avvolge e chiude con un cenno al tema.
You Will
Be Loved Again è la ripresa di un brano di Mary Margaret O’Hara da noi
mai ascoltato. Chitarra con pedale del volume e bottleneck, violoncello,
tema. Entra l’ensemble, ottimi piatti, esposizione corale, tromba, violoncello.
C’è un assolo di chitarra un po’ friselliano sul canale sinistro, avvolto
dall’ensemble. Bei piatti!
Punchy
apre con un ostinato, segue un tema dal sapore mingusiano, con il tenore
in primo piano e una scansione nitida sul piatto, poi un assolo di tenore
con
"rumori" chitarristici in sottofondo (un ricordo di Arto Lindsay?).
Di nuovo il tema mingusiano, cui fa seguito un assolo di chitarra
"fusion" che diremmo assolutamente incolore. Tema.
End Waltz
ha una bella apertura affidata alla melodia per chitarra, con l’altra chitarra
a produrre suoni con l’eco. Poi il tenore, tempo terzinato, fiati e violoncello.
C’è un assolo di tromba lirico. Tema. Chiusa affidata alla chitarra con
l’eco.
In chiusura,
Warming ha un bel tema gioioso per fiati, con appoggio di basso, che ci
ha ricordato non poco la scrittura del compianto Chris McGregor, con un
assolo di chitarra (di Tony Wilson?) invece della tromba di Mongezi Feza
o dell’alto di Dudu Pukwana.
Beppe
Colli
©
Beppe Colli 2012
CloudsandClocks.net
| Nov. 5, 2012