Jefferson Airplane
Fly Jefferson Airplane (DVD-V)
(Eagle Vision)
"Folk + Country-Blues a volume assordante": è questa
la definizione (alquanto semplicistica, e dagli intenti che diremmo sottilmente
denigratori) oggi forse più comune quando il discorso cade sui Jefferson
Airplane. Il che non accade certo tanto spesso – basti riflettere sul fatto
che la prima biografia del gruppo statunitense, un tempo così celebre
e controverso, è apparsa solo lo scorso anno, più di un trentennio
dopo la conclusione di quello che per ammissione degli stessi interessati
è stato il periodo musicalmente più fertile e innovativo della
formazione. Una circostanza per molti versi curiosa e sulla quale abbiamo
già avuto modo di interrogarci in sede di recensione a proposito della
biografia di cui sopra: Got A Revolution! – The Turbulent Flight Of Jefferson Airplane
di Jeff Tamarkin.
Diremmo
i dischi storici degli Airplane ben in grado di sopportare un esame non prevenuto:
Surrealistic Pillow (1967, l’album che contiene gli unici "big hits"
del gruppo: Somebody To Love e White Rabbit) è forse più facile
da apprezzare in prospettiva, mentre lo stesso non può certo dirsi
dello psichedelico After Bathing At Baxter’s, anch’esso
del ’67, e delle opere della raggiunta e definitiva maturità: Crown
Of Creation (del ’68) e Volunteers (del ’69); pubblicato nel ’69, il grintoso
Bless Its Pointed Little Head è una bella testimonianza dell’ottima
resa dal vivo del gruppo – una caratteristica che, è bene ricordarlo,
i "gruppi di qualità" degli anni sessanta non necessariamente
possedevano.
Certo, la storia dei Jefferson Airplane necessita di una imprescindibile
cornice di riferimento (per semplificare: quella che porta a San Francisco
e alla "Summer Of Love" del ’67), ed è dunque meno agevolmente
riassumibile in una storia "contenuta in se stessa" à la
Velvet Underground. Anche i Doors, se ben riflettiamo, sono difficilmente
comprensibili senza il loro tempo (e il loro retroterra musicale); ma il trascorrere
del tempo e la parallela perdita della memoria rendono decisamente più
agevole la riduzione di una storia musicale a un’immagine; cosa che per i
Doors è avvenuta, per gli Airplane no.
Grace Slick fu l’icona del gruppo – e di un’intera epoca che vedeva
ancora pochissime ragazze "in rock". La qual cosa creò non
poche tensioni all’interno del complesso, e più di qualche distorsione
nella percezione dei contributi dei singoli. Che il malinteso avesse un fondamento
è agevolmente dimostrabile ricordando che era proprio la Slick a cantare
il grande successo Somebody To Love; che fosse quanto meno scusabile è
immediatamente dimostrato dall’esecuzione di White Rabbit vista nel programma
televisivo The Smothers Brothers Comedy Hour: laddove la Slick – aria di sardonico
stupore – procede lucidamente a illustrare le innovazioni farmacologiche in
atto a beneficio di tutti i soggiorni d’America.
Fly Jefferson Airplane si ripromette di fornire testimonianza dei
due grandi filoni della storia: la musica degli Airplane e lo spirito dei
tempi. E lo fa con lunghe interviste ai componenti del gruppo e a figure per
certi versi non meno importanti: il manager Bill Thompson, il tecnico di studio
Pat Ieraci ("Maurice"), l’uomo dei light show psichedelici Glenn
McKay. Vengono ricordati gli inizi del gruppo, figure scomparse come Bill
Graham e festival che sono parte della storia del rock: Monterey, Woodstock,
Altamont. Ovviamente belle le foto di Jim Marshall, molte delle quali risulteranno
nuove anche al fan più accanito. Diremmo senz’altro riuscito il tentativo
di trasmettere un qual certo sapore della consapevolezza di stare inventando
qualcosa, delle barricate che venivano erette da ambo i lati, dell’importanza
di raggiungere uno stato di trascendenza sul palco.
La storia musicale degli Airplane è non poco articolata, e
senz’altro meglio illustrata nella sua varietà e complessità
dai dischi di studio. Palese il background folk – anche nell’approccio "giornalistico"
ai testi – di Paul Kantner, così come il blues con influenze orientali
di Jorma Kaukonen, che da adolescente aveva vissuto in Pakistan. Ma già
è simpatico notare che il "romantico balladeer" Marty Balin
era anche l’autore – e il dinamico interprete! – di cose à la Otis
Redding quali It’s No Secret e Plastic Fantastic Lover. Sempre originale e
sarcastica la Slick. Poi un batterista jazz, Spencer Dryden, e un bassista
tra i più originali di tutta la storia del rock, Jack Casady (l’espressione
di compiaciuto stupore della Slick durante l’assolo di basso di The Ballad
Of You And Me And Pooneil è semplicemente impagabile).
It’s No Secret ci mostra gli inizi, Somebody To Love e High Flying
Bird provengono da Monterey. Di White Rabbit s’è già detto.
Dallo Smothers Brothers Comedy Hour vengono anche Crown Of Creation (live)
e Lather (mimata). La bella versione di The House Of Pooneil Corners proviene
dall’esibizione sul tetto (New York 1968) filmata da Jean-Luc Godard, The
Ballad Of You And Me And Pooneil da Night At The Family Dog. Se We Can Be
Together è un promo in playback, Plastic Fantastic Lover e Volunteers,
con il nuovo batterista Joey Covington, sono delle scariche di energia tratte
dal televisivo Go Ride The Music. Si chiude con la storica Embryonic Journey,
qui eseguita da Kaukonen alla cerimonia della Rock’n’Roll Hall Of Fame.
Beppe Colli
© Beppe Colli 2004
CloudsandClocks.net | Dec. 19, 2004