Frank
Gratkowski Quartet
Spectral
Reflections
(Leo)
Per chi
scrive la sorpresa più piacevole dell’edizione targata 2001 del festival
romano Controindicazioni è stata senz’altro quella del quartetto di
Frank Gratkowski: un organico – e un leader – dei quali fino a quel momento
ignoravamo l’esistenza. Avevamo certamente familiarità con il lavoro
del trombonista olandese Wolter Wierbos, da lungo tempo una colonna della
Instant Composers Pool Orchestra e del gruppo di Maarten Altena, e con quello
del batterista Gerry Hemingway – fin troppo facile citare il suo splendido
contributo a uno dei più periodi più belli della discografia
di Anthony Braxton: il quartetto con Mark Dresser e Marilyn Crispell. Ma crediamo
di non avere mai avuto occasione prima di allora di ascoltare l’ottimo contrabbassista
Dieter Manderscheid o il leader: sassofonista, clarinettista e compositore
sulla cui pronuncia strumentale ci parve allora di scorgere ampie tracce di
Anthony Braxton e di Steve Lacy, rispettivamente nel lavoro al clarinetto
basso e al clarinetto. Era risultato evidente in quell’occasione il bell’affiatamento
del quartetto, in grado di negoziare con scioltezza partiture scritte e improvvisazione
con bella creatività timbrica (il che era da aspettarsi). Repertorio
multiforme, ci era rimasto in mente un brano: un riff "ammaccato",
elementare e contratto, suonato all’unisono, che era poi sfociato in una demente
permutazione del funky – davvero strano!
Spectral
Reflections è stato registrato a Colonia pochi giorni dopo, e se la
memoria non ci inganna condivide molto del repertorio e del modus operandi
di quel concerto romano. Abbiamo ritrovato con piacere il brano "funky"
– si tratta di Loom, che a un riascolto più meditato e casalingo non
ha perso interesse e fascino. Non mancano episodi più strettamente
jazzistici – la compatta Annäherungen III, la lunga Homage, scioltamente
swingante nella seconda parte, laddove nella prima il trombone con plunger
di Wierbos fa da contraltare al clarinetto di Gratkowski e dove ci è
parso di cogliere il lirismo secco così tipico di Lacy. Innegabile
l’impronta braxtoniana nel ruminare al clarinetto basso su Spectral Reflections,
belle anche le più "astratte" Blonk e Fenster.
Posto
che i quattro suonano benissimo e il disco è ben registrato, non riusciamo
a scorgere controindicazioni per ciò che concerne la fruizione di questo
disco, eccezion fatta per una sostanziale mancanza di novità che a
questo punto daremmo però per scontata. La parola al lettore.
Beppe
Colli
©
Beppe Colli 2003
CloudsandClocks.net
| Sept. 7, 2003