Intervista a
Darran Charles
(Godsticks)
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di Beppe Colli
Feb. 11, 2013
Come abbiamo già avuto modo di argomentare
nel corso di una lunga recensione, The Envisage Conundrum – il nuovo
album del trio gallese denominato Godsticks – presenta tratti decisamente
interessanti: complesso e vario, ma in fin dei conti sorprendentemente
accessibile; dal suono "duro", ma dotato di
"ganci" che non sarebbe affatto inappropriato definire
"pop"; un lavoro "neo-Prog" che a tratti veste panni
"metal"; tirate le somme, qualcosa che non è azzardato definire
insolito.
Allo scopo di saperne di più abbiamo contattato Darran Charles,
il chitarrista e cantante del gruppo che ne è anche uno dei tastieristi,
oltre che il compositore principale.
Charles si è detto disposto a rispondere alle nostre domande,
cosa che ha fatto durante la scorsa settimana. L’intervista è stata realizzata
mediante posta elettronica
Innanzitutto sarei curioso di sapere cosa vuol dire il
nome del gruppo – Godsticks – dato che questa parola non compare in nessuno
dei dizionari in mio possesso. (Ho anche consultato Wikipedia…)
Credo proprio che i "Godsticks" siano degli oggetti
nei confronti dei quali i Maori professano la loro adorazione. Mia moglie,
Rhiannon, l’ha tirato fuori dopo aver ricevuto il difficile compito di cercare
un nome per il gruppo – un nome che ovviamente nessuno avesse mai usato prima
di allora!
Il titolo del vostro nuovo album è The Envisage Conundrum.
Ho chiaro il significato di tutt’e due le parole – Envisage e Conundrum
– ma è il senso della loro combinazione che mi sembra aperto… C’è qualcosa
che vuoi dirmi in proposito?
Provo un forte interesse per la lingua inglese, e anche per
la commedia surreale! E così, a volte, quando devo trovare in fretta un titolo
da dare a una canzone che non è ancora in forma definitiva ho l’abitudine
di combinare parole che di solito non si trovano accostate. Alcuni di questi
titoli provvisori sono davvero bizzarri, per esempio "Teflon Blanket", "Shoes",
e "I’m not pregnant, but it is yours".
Il fatto che il titolo dell’album e quelli delle canzoni abbiano
un senso aperto all’interpretazione è un beneficio aggiuntivo. Come molti
musicisti e artisti in genere, anche a me piace che l’ascoltatore sia in
grado di interpretare la musica e i testi come meglio crede. Parlando da
un punto di vista personale, non mi piace affatto che gli artisti descrivano
con precisione quelle che erano le loro intenzioni, e questo indipendentemente
dal mezzo usato: credo proprio che ciò finisca per rovinare un po’ la nostra
esperienza (o almeno così ritengo). Forse è questo il motivo per cui mi piacciono
i film di David Lynch, dato che di solito non ho proprio idea di quello che
sta accadendo!
Mi pare di poter dire che registrare e missare il nuovo
album dev’esservi costato uno sforzo non indifferente, e sono sicuro che
raggiungere gli obiettivi che vi eravate prefissati abbia richiesto molto
tempo (e tanti soldi!). Soprattutto sono sicuro che il fatto di avere degli
strati di voci così densi eppure così chiaramente percepibili non sia stato
un risultato facile da ottenere. Vuoi parlarmi di questo aspetto del processo?
Le armonie vocali sono la parte del processo compositivo che
trovo più "divertente". E’ interessante vedere quali parti dell’armonia
puoi aggiungere o togliere alla linea melodica principale. Sono anche un
fan delle armonie "strette" della musica country, e anche di quel
coro bulgaro che ha realizzato l’album chiamato Le Mystere des Voix Bulgares:
con tutta probabilità sono ambedue una ispirazione inconscia.
Il giusto merito va dato al nostro produttore, Joe Gibb, che
ha stratificato le armonie e ha dato alle parti quella chiarezza tanto importante
per il risultato. Anche se il processo di missaggio è stato a volte lungo
ed estremamente frustrante, è facile dimenticare che difficile compito gli
abbiamo dato. A volte in questi pezzi ci sono moltissime cose contemporaneamente,
ma è assolutamente vitale che ogni elemento sia perfettamente bilanciato
e non di ostacolo per tutto il resto – che è una cosa facile da dire ma niente
affatto facile da mettere in pratica!
Grazie ai siti web personali e cose simili, leggere un’intervista
non è più strettamente necessario per conoscere i lavori degli artisti
e le loro carriere. Però sono davvero curioso di sapere se tu – e anche
gli altri membri del gruppo, ovviamente – sei un autodidatta o se hai frequentato
una scuola di qualche tipo (cosa che com’è ovvio include la grande abbondanza
di "instructional video" e simili.)
Beh, Steve è un autodidatta sia al piano che alla batteria
ed è senza alcun dubbio un virtuoso di tutti e due gli strumenti!
Anche se da un punto di vista tecnico potresti definirmi un
autodidatta, ho imparato moltissimo da quei giornali e video che trattano
l’aspetto più strettamente "tecnico" della chitarra, e ho anche
frequentato il Guitar Institute di Londra, anche se part-time. Prendo ancora
lezioni di piano, e ancora mi esercito, studio e faccio trascrizioni tutti
i giorni allo scopo di continuare a evolvermi sia come strumentista che come
compositore. La mia routine non è cambiata da quando ero un teenager!
Credo che Dan abbia preso lezioni di basso, e come me anche
lui studia sempre e fa trascrizioni. Ha anche appena iniziato a studiare
il piano.
Mi sembra di poter dire che oggi se parliamo di musica
la speranza di "avere una carriera" – lasciando da parte l’eventualità
di "avere successo" – non sia più un’aspirazione realistica,
specialmente se quella che si suona è "musica complicata". Per
contro, quel che è certo è che si spenderanno tantissimi soldi – per comprare
strumenti, apparecchiature per registrare e così via – senza alcuna speranza
di recuperare l’investimento. Quindi ne deduco che ancora oggi esiste la
"chiamata" a essere un musicista?
Credo che la possibilità di guadagnarsi da vivere facendo
il musicista sia stata pressoché decimata nel corso dello scorso decennio,
soprattutto a causa degli enormi cambiamenti avvenuti nell’industria discografica,
e anche a causa degli avanzamenti per quanto riguarda la tecnologia del fare
musica. L’asticella da saltare per poter raggiungere il successo è più in
alto che mai e pochissimi sembrano in grado di poterlo fare.
Grazie ai sequencer basati su computer e alle apparecchiature
di registrazione a buon mercato è molto facile oggi registrare in casa una
canzone e perfino un album. Per quanti svolgevano la professione di musicisti
di studio d’incisione questo vuol dire non essere più richiesti quanto prima,
mentre per i gruppi che fanno cose originali questo vuol dire che è molto
difficile emergere dalla folla, dato che il mercato è stracolmo di nuovi
gruppi e di nuova musica. Ci sono molti aspetti sia positivi che negativi
da considerare, quindi mi è impossibile dire se credo che questa sia una
cosa buona o no.
Per quanto riguarda "la chiamata": non ho veramente
pensato al perché scrivo musica, ma non ho mai fatto parte di una "cover
band", quindi suonare musica di altri non mi ha mai davvero interessato
(a meno che non si tratti di un pezzo di Frank Zappa!). Sarebbe davvero un
sogno poter essere in grado di guadagnarsi da vivere scrivendo e suonando
musica, ma sfortunatamente se non fosse per il lavoro quotidiano che svolgo
non potrei permettermi di fare niente di quello che faccio. Però ogni soldo
che guadagniamo viene reinvestito nel gruppo, di solito in apparecchiature!
Vorrei rivolgerti una domanda riguardo l’argomento
"capacità tecniche". In passato, la musica era sempre il prodotto
delle capacità esecutive di persone specifiche – perfino i "gruppi finti" degli
anni Sessanta avevano come base registrazioni vere effettuate da musicisti
in carne e ossa, quindi anche quegli ascoltatori ai quali piaceva musica "non
avventurosa" avevano la possibilità di sviluppare nel tempo un gusto
per timbri e tecniche "realizzati dall’uomo". Invece oggi tantissima
musica è "fatta a macchina", con il risultato che la musica "eseguita
per davvero" non fa "punti extra", per così dire. Tu che ne
pensi?
Questa è una domanda molto interessante. Quello che viene
subito in mente se parliamo di musica prodotta dal computer (specialmente
la batteria) è la mancanza di dinamica. Questa è una cosa in cui gli esseri
umani eccellono. A volte un batterista può colpire il rullante più forte
nel ritornello piuttosto che nella strofe, o il chitarrista può
"stoppare" il suono di un accordo in un punto del brano e invece
farlo suonare liberamente in un altro – tutte cose particolari che sono associate
a musicisti in carne e ossa che suonano e che spesso danno a una canzone
il suo "feel".
Non c’è niente che non va nella musica prodotta dal computer
ma la mia preferenza personale è che essa sia bilanciata da musicisti veri
– soprattutto, un batterista e un bassista. Per esempio, mi piace un po’
di musica Rap e ricordo che di recente ho visto un artista rap che aveva
dietro un gruppo al completo: era un milione di volte meglio dell’album.
Ignoro come tu definisca la musica dei Godsticks – non
che la cosa importi davvero, ovviamente, ma solo per questione di comodità.
A ogni modo, è stato detto che in molti casi – per esempio, il Jazz – oggi
un
"genere" è suonato da musicisti che di regola sono più giovani
del loro pubblico. (Qui vengono in mente i fratelli Marsalis, al tempo della
loro
"ascesa alla fama".) Parlando di età, che tipo di persone
vedi ai vostri concerti?
E’ molto difficile definire il tipo di musica che suoniamo,
proprio come sarebbe difficile definire che tipo di musica ci piace ascoltare.
La nostra musica di solito è tanto varia quanto le nostre influenze, che
vanno da Frank Zappa a ELP, da Rufus Wainwright a Alison Krauss. Se proprio
fossi costretto a dare un’etichetta al gruppo sarebbe "progressive pop" ma
sono sicuro che ci sono molte interpretazioni dello stile di musica che suoniamo.
Come hai detto tu stesso, non è una cosa importante, ma dal punto di vista
del marketing il fatto che non siamo facili da definire a volte può essere
un fatto davvero problematico!
Dal punto di vista dell’età il nostro pubblico è molto vario,
ma dato che finora non abbiamo mai fatto un intero tour in qualità di gruppo
principale l’età del pubblico è spesso determinata dal gruppo al quale facciamo
da spalla. Per esempio, quando aprivamo i concerti dei Focus il pubblico
era in gran parte formato da persone sopra i cinquanta, ma quando siamo andati
in tour con The Pineapple Thief e The Aristocrats l’età del pubblico andava
dai diciotto ai cinquant’anni.
Spero che questa domanda abbia senso per te. Ho letto che
il gruppo è del Galles. Consideri il tuo lavoro come compositore maggiormente
vicino – per climi musicali, o argomenti – al Galles e all’eredità gallese?
O lo vedi come "neutro" nei confronti del luogo?
Senz’altro neutro nei confronti del luogo. Personalmente,
non m’importa affatto di cose come la nazionalità, e la cosa bella della
musica è che essa in genere trascende queste barriere.
Forse è una domanda scema: chitarrista, cantante e compositore
preferito (con o senza chitarra).
Ti creerò anche delle altre categorie:
Maggiore influenza come chitarrista: Shaun Baxter
Chitarrista preferito: Steve Vai pre-1991
Compositore: Frank Zappa
Cantante preferito: Rufus Wainwright
Cantanti preferite: Alison Krauss, Norah Jones
Sono sicuro che hai l’album ancora fresco in testa, e ci
sono già concerti da fare. Cos’è che il pubblico che verrà ai vostri concerti
deve aspettarsi per quanto riguarda il modo in cui le nuove canzoni verranno
eseguite sul palco? Vi porterete dietro un coro in carne e ossa, o degli
ottimi effetti, oppure…
Credo di poter dire che chiunque ci ha visto suonare dal vivo
in passato stavolta vedrà qualcosa di completamente diverso. In passato la
nostra intenzione era quella di cercare di emulare quello che era stato suonato
sull’album e di conseguenza tendevamo a fare troppo affidamento su piste
preregistrate, cosa che non ci piace molto fare.
Però per i concerti futuri abbiamo arrangiato la musica (sia
quella del nuovo album che di quello precedente, Spiral Vendetta) in modo
che essa si attagliasse maggiormente al gruppo e quindi di conseguenza ci
sentiamo molto più liberi sul palco.
Usiamo moltissimi effetti per chitarra ma io credo che
"ballare il tip-tap sulla pedaliera" aggiunga qualcosa alla parte
visiva, oltre ad accrescere il suono complessivo. Inoltre usiamo un pedale
che produce armonie vocali, e di tanto in tanto uno sfondo di synth. Ma il
nostro eccessivo fare affidamento ai nastri preregistrati è una cosa del
passato, dato che il risultato non è uno show dal vivo che ti cattura davvero
– e questo vale tanto per noi che per il nostro pubblico.
Ciascuno di noi in qualche momento del concerto suona le tastiere,
quindi credo che il senso di divertimento che proviamo sul palco verrà trasmesso
meglio al pubblico.
© Beppe Colli 2013
CloudsandClocks.net | Feb. 11, 2013