Intervista a
Marshall
Blonstein
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di Beppe Colli
May 19, 2017
Dar vita a una musica di policroma bellezza, ricca di
fantasia e sorretta da eccellenti doti strumentali – ci riferiamo qui ai
quattro album incisi dalla formazione originale: Spirit e The Family That Plays
Together, ambedue del 1968; Clear, del 1969; e Twelve Dreams Of Dr. Sardonicus,
del 1970 – non è bastato a fare degli Spirit qualcosa di più del proverbiale
"gruppo di culto".
Per una di quelle combinazioni del destino che è possibile
indagare ma alla quale non è lecito chiedere una risposta definitiva, gli
Spirit non hanno avuto né il mega-successo dei Doors né la fama selettiva ma
tenace dei Love di Arthur Lee.
Però gli album che contano sono stati raramente fuori
catalogo, con versioni multiple di varia qualità nei vari formati a succedersi
nel tempo.
La ristampa in formato SACD annunciata dalla Audio Fidelity
– i primi due album in un futuro imminente, con gli altri due a seguire –
potrebbe essere la parola definitiva in proposito.
Circostanza fortunata, il presidente della Audio Fidelity si
è trovato a conoscere gli Spirit di persona. Logico, quindi, pensare di
rivolgergli qualche domanda.
Lunga carriera nel settore della musica e dell’industria
dell’intrattenimento, Marshall Blonstein è stato tra l’altro presidente della
Island, oltre che fondatore e presidente di due marchi pionieristici ben noti
agli audiofili quali la DCC Compact Classics e la Audio Fidelity.
La conversazione è stata condotta via e-mail.
Sul retrocopertina
del primo album degli Spirit sei citato – insieme a Terry Clements e Doug
Wallack – sotto la dicitura "assisted by". Qual è stato il tuo ruolo
sull’album?
Non ho avuto nessun ruolo,
se non quello di accompagnarli a fare vari concerti qua e là per Los Angeles.
Vorrei sapere
come sei entrato in confidenza con il gruppo.
Lou Adler mi ha chiesto di andarli a vedere in un piccolo club a Hollywood.
Suonavano tre set a sera guadagnando $25 l’uno. Ho detto a Lou che il gruppo
aveva qualcosa di davvero speciale.
Mentre il
retrocopertina dell’album mostra i singoli componenti del gruppo, la famosa
immagine di copertina presenta – perdona la battuta – lo spirito del gruppo.
Erano gli Spirit davvero un tutto?
All’inizio il gruppo funzionava perfettamente come un tutto. Erano una grande
combinazione di jazz, rock psichedelico e un batterista che picchiava forte
sulle pelli. Non appena hanno avuto un po’ di successo sono cominciate le
discussioni, e questo ha portato allo scioglimento del gruppo.
Ho visto foto del gruppo mentre suonava in club come Ash Grove e the Scene.
Mi potresti dare un’idea di che posti erano?
Erano tutti e due molto piccoli e decisamente alla buona. La cosa bella di
tutti e due era che la gente ci andava per ascoltare la musica.
I Doors hanno
avuto un hit colossale e un cantante carismatico. Arthur Lee non voleva
viaggiare, e così ha condannato il suo gruppo, i Love, all’oscurità nazionale.
Secondo te, per quale ragione gli Spirit non sono mai andati al di là dello
status di "gruppo di culto"?
La musica degli Spirit era fatta per stare su un album, a differenza dei Doors
o di Arthur Lee non hanno mai avuto un hit single.
Sul primo album, canzoni come Fresh Garbage e Topanga Windows erano
ovviamente in sintonia con i tempi. Ritieni che quegli argomenti potrebbero
essere in sintonia con il pubblico di oggi?
Ritengo che quei temi potrebbero essere attuali anche oggi ma sarebbe
molto difficile che venissero trasmessi per radio. Un tempo le stazioni in FM
erano del tipo "free form", e quindi aperte a canzoni come Fresh
Garbage, ma oggi non è così. Ci sono molte canzoni che trattano dei problemi
dell’ambiente e così via.
Sul
retrocopertina del secondo album del gruppo, The Family That Plays Together, ti
viene accreditato un "additional dialogue", che ritengo sia il gioco
di carte – una partita a poker? – che è parte del quadro sonoro di Silky Sam.
Me ne vuoi parlare?
Jay Ferguson ha scritto Silky Sam, una canzone che parla di me. Ero in sala di
incisione quando Lou stava registrando questo pezzo, e mi ha chiesto di andare
in studio a fare un paio di mani di poker con il gruppo, e poi le ha usate
nell’intermezzo della canzone.
L’album
contiene due classici del gruppo: il pezzo d’apertura, I Got A Line On You – il
loro unico semi-hit – e il pezzo di chiusura, Aren’t You Glad. Come ti
sembrano?
Ho sempre creduto che I Got A Line On You fosse la loro unica possibilità di
avere un singolo di grande successo. Ma Aren’t You Glad mostrava davvero tutto
il loro talento di musicisti.
Vorrei sapere se hai avuto ancora rapporti con il gruppo dopo il loro
secondo album.
No. Ero passato a fare altre cose e avevo cominciato a lavorare di più con
la Columbia CBS, trasferendomi da Los Angeles a Chicago. Ed è allora che hanno
cominciato a litigare.
Ritieni che i primi quattro album degli Spirit, in questa nuova edizione
della Audio Fidelity, possano entrare in sintonia sia con i "vecchi
ascoltatori" che con le "nuove leve"?
Spero proprio di sì.
© Beppe Colli 2017
CloudsandClocks.net | May 19, 2017