Intervista a
Bryan Beller
(2008)
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di Beppe Colli
Sept. 30, 2008
Il fatto di avere un nuovo album di Bryan Beller a soli
cinque anni da quello che era stato il suo debutto solista non è certo una
notizia che possa lasciare indifferente chi scrive. Ovviamente, la circostanza
che Thanks In Advance è un lavoro più maturo, più sicuro di sé e più vario
del suo predecessore, View, non guasta di certo.
Abbiamo quindi pensato di chiedere a Bryan Beller di fare
un’intervista. Nonostante fosse nel bel mezzo di una "tempesta mediatica",
si è detto disposto a rispondere volentieri alle nostre domande, che gli
abbiamo inviato la scorsa settimana via e-mail.
Se consideriamo il lato
compositivo, e non quello esecutivo, del processo musicale, credo si possa
dire che al momento di pubblicare View avevi avuto uno sviluppo tardivo.
A quel punto devo dire che mi sarei aspettato di veder spuntare un seguito
di lì a poco. (Forse questa è una faccenda complessa, ma ti faccio lo stesso
la domanda.) Com’è che il nuovo album ci ha messo tanto tempo a uscire?
A dire il vero ricordo che quando ho finito di scrivere View alla fine del
2002 ero creativamente esaurito. Non c’era materiale che mi era avanzato,
neppure una nota. Poi mi sono ritrovato molto preso da un "lavoro diurno" molto
serio in una grossa azienda dopo l’uscita dell’album nel 2003, un percorso
lungo fino a quando non ho lasciato quel lavoro nell’aprile del 2005. Per
me il 2005 è stato un anno davvero decisivo – un mio carissimo amico è morto,
parlo di quell’incredibile bassista che è stato Wes Wehmiller (il posto dove
saperne di più su di lui è weswehmiller.net) – e devo dire di aver passato
la maggior parte di quell’anno a ritrovare me stesso e a esaminare alcune
cose che da un po’ di tempo mi rendevano infelice. Finalmente nel 2006 mi
sono trasferito da Los Angeles a Nashville, devo dire per motivi amorosi,
e poi nell’aprile del 2006 la scintilla creativa mi ha colpito di nuovo.
Così non è che io stessi veramente cercandola – in un certo senso, ho creato
le condizioni perché essa potesse ritornare da me.
Una volta che ho iniziato a
scrivere mi ci è voluto un anno per finire. Poi tutto d’un colpo ho fatto
dei tour con Steve Vai e i Dethklok, il che ha rallentato ancor più le cose.
Non ho potuto cominciare a incidere fino al dicembre del 2007, e l’album
è stato ultimato e masterizzato nel maggio del 2008. Non ho mai previsto
che ci volesse tutto quel tempo, ma è difficile immaginare un altro modo
in cui la cosa avrebbe potuto avvenire.
Da qualche parte nel foglio d’accompagnamento del nuovo album ho trovato
questa frase a proposito di View: "che adesso capisco era una lamentela
molto ben fatta a proposito delle cose". Puoi spiegarmi meglio?
Agli inizi del 2006 ho messo View nel lettore CD della macchina e l’ho sentito
tutto di seguito, e per la prima volta ho capito che cos’era che avevo cercato
di dire. Se guardi la parte grafica della copertina, c’è un’immagine: stavo
cercando di andare da qualche parte "lungo una strada" e vedevo
un bel paesaggio vuoto di fronte a me, "un punto all’orizzonte e una
serie di montagne", ma era bloccato da un denso paesaggio urbano riflesso
in una finestra sospesa sulla strada. Non importa quanto lontano su quella
strada fossi riuscito a viaggiare, il riflesso era sempre lì, e per quanto
avessi cercato di allontanarmi da esso, esso sarebbe stato sempre lì.
L’ho capito tutto d’un colpo. L’album View (e specialmente la canzone View)
parlava della frustrazione di cercare di allontanarsi da qualcosa cui era
impossibile sfuggire: la visione negativa della mia vita, e della vita
stessa, che c’era nella mia mente. Era un lamento bellamente eseguito e
squisitamente dettagliato a proposito di qualcosa che proprio io ero responsabile
di avere creato. Se Thanks In Advance parla di qualcosa, è la dichiarazione
fatta a me stesso che la vita non dev’essere vissuta in quel modo e che
esiste la possibilità che essa possa svolgersi in uno stato di appagamento
e di libertà a prescindere dalle circostanze – e che la possibilità di
scegliere era alla mia portata.
Questo è qualcosa con cui mi sono misurato con molto impegno nel 2006, e
devo dire che il nuovo album è davvero la storia della lotta per superare
la mia negatività a proposito delle cose. Credo che se lo ascolti tutto dall’inizio
alla fine puoi sentirlo aumentare di intensità finché non raggiunge un apice
e un punto di risoluzione verso la fine dell’album. O almeno, quella è stata
l’intenzione.
Su Thanks In Advance le esecuzioni sono state registrate in studi diversi,
cosa che immagino sia stata decisamente complicata, oltre che costosa da
realizzare (ma ovviamente in grado di dare molta soddisfazione). Vuoi parlarmene?
In realtà non è stato così difficile. Volevo avere tanti musicisti diversi
sull’album, alcuni dei quali vivevano a Nashville, per avere un sapore diverso,
mentre altri vivevano a Los Angeles, per lo più quelli con i quali avevo
fatto View. Ma non volevo limitarmi a mandare dei file tramite Internet e
a stare seduto a casa ad aspettare chiedendomi cosa ciascuno di loro avrebbe
fatto. Pensavo davvero che per me avrebbe fatto una grossa differenza in
positivo essere con gli altri mentre incidevano la musica, così ho fatto
un gran viaggio in macchina lungo un mese fino a Los Angeles portando con
me tutto quello che mi serviva per fare il lavoro di produzione con gli altri
musicisti, e anche per incidere le mie parti di basso. Cosa che ha reso il
tutto una grande avventura, e se guardi il DVD puoi davvero farti un’idea
di quel che è stato il viaggio. Credo che sarebbe stato più difficile farlo
un musicista alla volta senza che io fossi lì… ritengo che l’album come
un tutto sarebbe stato meno coeso.
Il nuovo album suona davvero bene, molto chiaro ma allo stesso tempo
"caldo". L’hai prodotto tu. Mi parleresti dei tuoi obiettivi a
proposito del suono, e dei problemi che hai dovuto affrontare (se ne hai
avuti!)?
Ti ringrazio per le parole gentili a proposito del suono – ci ho speso un
sacco di tempo, e buona parte del risultato è merito di chi ha fatto la gran
parte del lavoro tecnico sull’album, Mark Niemiec. Abbiamo fatto tutto il
missaggio nel suo studio casalingo, così è stato economicamente possibile
passare molte ore su ciascuna canzone in modo che tutto fosse fatto come
si deve. Abbiamo missato per undici giorni per dodici ore al giorno, il che
è un bel mucchio di tempo per un disco a questo livello di budget – se l’avessimo
fatto in un grosso studio non me lo sarei assolutamente potuto permettere.
Ritengo che il lavoro di produzione consista essenzialmente in due cose –
fare
"da allenatore" ai musicisti mentre incidono le loro parti, allo
scopo di ottenere il suono giusto e la giusta esecuzione, e fare poi le
"scelte finali" nel missaggio e nella masterizzazione. Ho molta
più esperienza e fiducia in me stesso per quanto riguarda la prima cosa che
non la seconda. Ho cercato di spiegare a Mark che volevo che l’album suonasse
"elegante" e "caldo, ma molto chiaro". Poi lui ha preso
queste indicazioni e ha cercato di metterle in pratica da un punto di vista
tecnico. La sfida più grande è stata quella di ottenere questo risultato
su ogni canzone in un modo coeso, dato che abbiamo inciso in otto studi diversi
con sei diversi batteristi. Per me era molto importante ottenere un suono
da
"album completo", e quindi questa è una cosa che ha avuto bisogno
di tempo sia al momento del missaggio che – in special modo – al momento
della masterizzazione… il che è stato duro, ma sono soddisfatto del risultato
finale, e questo è tutto ciò che importa.
Sul nuovo album il tuo vocabolario
compositivo mi è sembrato più ampio. Hai trovato dei nuovi colori, hai
cambiato idea a proposito di certe cose, oppure…
Credo sia stato semplicemente
il fatto di avere un po’ più di fiducia in me stesso come compositore dato
che avevo già realizzato il primo album. Penso di aver rischiato e di aver
tentato di fare alcune cose che per me erano un po’ ardite – come Casual
Lie Day con gli arrangiamenti per mini-orchestra e quegli spessi accordi
jazz, e Blind Sideways con il suo complesso approccio da jazz molto "classico".
E poi l’influenza di Nashville è stata più un’influenza di R&B classico,
dato che queste erano le persone che frequentavo grazie alla mia fidanzata
Kira Small – anche lei è una musicista, una cantautrice, e lei suonava con
questi vecchi "tipi rozzi" che da tempo abitano la scena R&B.
E quindi specialmente Snooze Bar è stato per me un nuovo sapore, e ho voluto
iniziare l’album con qualcosa che fosse un po’ nuovo.
Sui primi due pezzi dell’album
ho visto dei musicisti che non erano su quello precedente e che qui offrono
dei climi musicali diversi, il che è davvero una piacevole sorpresa! Ma
temo di non conoscere nessuno di loro…
E’ esattamente quello di cui
parlo nella risposta precedente. I primi due pezzi sono stati registrati
interamente a Nashville, con musicisti di Nashville. Chiunque può pensare
che a Nashville c’è solo musica country, ma non è vero – qui c’è della roba
incredibile e dei musicisti incredibili. Su Snooze Bar, il chitarrista Bruce
Dees e il tastierista Clayton Ivey sono i "vecchi tipi rozzi" ai
quali mi riferivo prima. Bruce ha suonato anche con James Brown, ed è un
chitarrista stupefacente – c’è una battuta su di lui qui in città che fa,
"Che fai quando devi fare una session e hai una chitarra con una corda
sola? Chiami Bruce Dees". E’ a proposito della sua capacità di suonare
solo una nota, o una linea, che è proprio il contributo perfetto per una
canzone. E Clayton Ivey è una leggenda – ha fatto parte della sezione ritmica
originale dei Muscle Shoals, dovresti dare un’occhiata alla lista delle cose
che ha fatto che c’è su allmusic.com – è stupefacente. Ha suonato con Aretha
Franklin, Wilson Pickett, Diana Ross… la lista è infinita. Il suo organo
Hammond M3, quello che ha usato su Snooze Bar, è stato appena ammesso nella
Musician’s Hall Of Fame, dato che dall’anno scorso lui ne fa parte. Quindi
sono orgoglioso di avere questi due tipi sull’album, hanno aggiunto un nuovo
sapore alla musica.
Ma anche i tipi più giovani sono incredibili. Il chitarrista Chris Cottros
era uno studente della Berklee College Of Music insieme a Joe Travers, Griff
Peters e me, ed è uno di quei grandi chitarristi che nessuno conosce. Il
batterista Marcus Finnie sta diventando velocemente il tipo da chiamare qui
in città per fare jazz/fusion, e suona parecchio con il bassista Adam Nitti.
E il pianista Jody Nardone ha suonato per anni in un trio di jazz che suonava
solo musica dei King Crimson. Quindi sono felice di far conoscere questi
tipi a una nuova comunità di ascoltatori.
Quanto mercato c’è oggi
per
"questo tipo di musica", intendo dire, per un album come il tuo?
Non ho proprio alcuna idea al riguardo.
Credo proprio che lo scoprirò presto. Faccio la musica che faccio. Il mio
solo scopo è di lasciare qualcosa di duraturo su questa terra quando non
ci sarò più. Qualsiasi cosa le accadrà dal punto di vista del business l’affronterò,
in un modo o nell’altro. Ma devo dire di essere felice per il fatto di possederla
completamente e di non essere "posseduto" da una casa discografica.
Quando si parla del benessere
economico dei musicisti lo "scarico gratis" viene spesso visto
come "la madre di tutti i mali". So bene che è una questione
complessa, ma vorrei lo stesso il tuo parere.
E’ solo uno di molti fattori. Ovviamente c’è la possibilità che la gente
si prenda la tua musica gratis e non paghi mai, ma allo stesso tempo c’è
la possibilità di un’esposizione aggiuntiva che altrimenti non avresti avuto.
Ritengo che tutto considerato sia poca la perdita e poco il guadagno, e anche
se così non fosse non puoi rimettere il genio dentro la bottiglia, per così
dire, così il trucco sta nel cercare di trovare il modo per trarre più vantaggio
possibile dalla forte corrente già presente nel mondo della musica che va
verso una situazione in cui i media digitali saranno la scelta predominante
degli ascoltatori di domani.
L’ultima volta che abbiamo parlato non sembravi gradire la prospettiva
di scrivere di musica, invece mi pare che oggi tu scriva stabilmente per…
Bass Player, giusto? Sono curioso al riguardo, e a proposito di altre eventuali
nuove "attività extra".
Beh, anche questo è un effetto benefico del fatto di avere uno sguardo più
positivo nei confronti della vita. Prima consideravo lo scrivere di musica
come un esercizio orientato alla critica, invece oggi lo vedo come un modo
per dare una mano alla comunità di quei musicisti che vogliono una maggiore
visibilità e un maggiore riconoscimento per il loro talento e il loro duro
lavoro. Questo per me fa tutta la differenza, e sono enormemente contento
del mio lavoro a Bass Player. In special modo gli articoli con le trascrizioni
complete – che sono un’esperienza fantastica per un fanatico di musica come
me.
Ultima domanda: hai in programma di portare in tour il nuovo album?
Ovviamente spero di sì. Può darsi che ci voglia del tempo prima di avere
sotto controllo tutta la parte di questo album che concerne il lato degli
affari, ma una volta che le cose si saranno messe per il verso giusto spero
che il 2009 sarà un anno in cui potrò fare un po’ di concerti negli Stati
Uniti, e forse persino un paio in Europa, se la situazione è quella giusta.
Ritengo che il fatto di aver pubblicato due album renda più agevole preparare
un concerto da portare in giro rispetto all’avere a disposizione una sola
uscita. Ti dà un senso più definito di chi è l’artista che stai per andare
a vedere, e certamente anch’io mi sento più sicuro della mia dimensione artistica
adesso che ho fatto il secondo album.
© Beppe Colli 2008
CloudsandClocks.net | Sept.
30, 2008