Intervista a
Amy X Neuburg (2009)
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di Beppe
Colli
Dec. 21, 2009
Pochi mesi fa – già a cinque anni di distanza dalla pubblicazione
del suo precedente album da solista, Residue – l’insolito The Secret Language
Of Subways ci ha dato la gradita possibilità di occuparci nuovamente di quell’artista
statunitense dalla personalità unica che risponde al nome di Amy X Neuburg.
E dato il carattere per noi culturalmente "misterioso"
di quel lavoro abbiamo subito messo in conto di fare una chiacchierata (via
posta elettronica) con la musicista, che ha prontamente e gentilmente accettato.
Ovviamente dato che "impegnatissima" è da sempre il secondo nome
della Neuburg la cosa ha preso un po’ di tempo, ma ci diremmo senz’altro
contenti del risultato.
E come il lettore avrà subito modo di vedere, per chi scrive
le sorprese non erano ancora finite.
Era mia intenzione
iniziare la nostra conversazione discutendo del tuo album più recente,
The Secret Language Of Subways, pubblicato alcuni mesi fa. Ma puoi immaginare
la mia sorpresa quando sono andato a dare un’occhiata al tuo sito e ho
letto di questa prima (perché è una prima, giusto?) di un tuo nuovo lavoro
del quale non sapevo assolutamente nulla. E quindi direi che a questo
punto è meglio iniziare parlando di Fill As Desired. Vuoi dirmi qualcosa
del suo tema, di cosa parla, e ovviamente della musica?
Fill As Desired
è un ciclo di dieci canzoni per otto voci femminili ed elettronica con
loop creati dal vivo. E’ basato su ricette messe per iscritto da donne
del campo di concentramento di Terezin durante la seconda guerra mondiale,
combinate con alcuni miei testi che hanno per oggetto l’immaginazione come
mezzo di sopravvivenza. La musica è influenzata dal folk dell’Europa orientale,
dai Lieder tedeschi, dal cabaret e dall’avanguardia, ed è cantata in una
combinazione a strati di inglese, tedesco e cecoslovacco. I loop dal vivo
fanno diventare grande quello che in realtà è un piccolo coro, intrecciando
insieme ritmi, armonie e linguaggi diversi.
Il lavoro è stato
inizialmente commissionato nel 2006 per il Jewish Music Festival con il
nome di Beliebig Füllen. L’ho composto per un meraviglioso ensemble vocale
chiamato Solstice. L’abbiamo eseguito solo una volta, e da allora è stata
mia intenzione aggiungere altre canzoni, riprendere il lavoro e portarlo
in altri teatri. Così nell’ottobre del 2009 abbiamo presentato una nuova
versione ampliata, e abbiamo degli altri spettacoli già in programma.
In questo lavoro
ritengo di essere riuscita a ottenere una miscela interessante di commozione
e umorismo, di personale e di storico. Il cibo è per sua natura divertente,
ma l’argomento sotteso è terribile, e i miei testi eccentrici e autobiografici
contengono un po’ ambedue gli elementi. Così la giustapposizione offre
molto "cibo per la mente". Il lavoro ha avuto una gran bella
risposta, il che mi rende decisamente entusiasta.
Ho letto che
quando questo nuovo lavoro viene eseguito dal vivo il tuo ruolo è anche
quello di effettuare dei loop elettronici in tempo reale sovrapponendo
vari strati di voci del Solstice ensemble, cosa che non mi sorprende
affatto, considerato quanto da te fatto in passato. Potresti parlarmi
della parte tecnica di ciò? Credo debba essere una cosa abbastanza difficile
da realizzare bene dal vivo…
E’ una delle
mie combinazioni degli ultimi tempi più semplici da realizzare, dato che
non ci sono suoni elettronici tranne i loop dal vivo e un po’ riverbero,
così uso una versione più semplice della mia attrezzatura normale. Ho composto
il pezzo in modo tale che il routing verso l’apparecchio che effettua materialmente
i loop è davvero semplice: il coro va in loop come un tutto, o io vado
in loop come solista, o andiamo tutti insieme in loop. La cosa più difficile
è bilanciare queste combinazioni in modo da avere un buon livello di ingresso
nell’apparecchio che effettua i loop, dato che la gamma dinamica varia
in modo considerevole.
Torniamo a
The Secret Language Of Subways. Mi piacerebbe molto sapere se sei soddisfatta
del modo in cui è stato realizzato, e anche se sei contenta del modo
in cui è stato accolto dalla stampa e dal pubblico – e qui intendo parlare
delle vendite – finora.
Beh, le vendite
di CD non sono mai state il mio metro per giudicare la reazione del pubblico.
Vendo raramente CD, con l’eccezione di quelli venduti agli spettacoli (dove
ne vendiamo un numero che io direi soddisfacente), ma la risposta ai concerti
è stata eccellente. Abbiamo avuto dei tutto esaurito e molti applausi a
scena aperta, e alcune belle opportunità di mettere in scena il lavoro
in sale di un certo prestigio. John Adams ci ha invitato a Los Angeles
in un festival del quale cura la parte artistica; la San Francisco Symphony
ci ha invitato a suonare al loro concerto After-Hours. Abbiamo avuto anche
delle belle recensioni. Ci sono voluti tre anni per preparare il lavoro,
e la risposta che ha ottenuto è stata una delle esperienze più incoraggianti
della mia vita.
Realizzare il
CD è stato difficile, dato che per la prima volta ho lavorato con un produttore,
e il fatto che ambedue facessimo il lavoro di editaggio e di modifica si
è rivelato essere inefficiente e costoso. Ma Bruce [Kaphan] è eccellente
quando si tratta di archi, una cosa che non avrei potuto registrare da
sola, e inoltre ha davvero capito la mia musica e mi ha aiutato ad avere
una prospettiva. Inoltre, è una vera gioia avere qualcun altro a curare
la parte tecnica durante la registrazione, in modo che io possa essere
solo una musicista. Se avessi missato il CD nel mio studio avrei potuto
fare alcune cose in un altro modo, ma il fatto di lavorare con un produttore
mi ha insegnato molto.
Sono molto
curioso di conoscere il processo che ti ha condotto a scegliere tre violoncelli
quali protagonisti strumentali per The Secret Language Of Subways.
Avevo sempre
presente un meraviglioso set di canzoni di William Sydeman per voce e violoncello
che ho eseguito ai tempi del college, e dopo anni in cui ho composto soprattutto
per mezzi elettronici ho riscoperto le belle qualità espressive, l’ampia
gamma e il tono tanto simile alla voce del violoncello nel 2003, quando
ho passato un periodo in una "arts residency", dove musicisti
di tipo diverso si sono trovati insieme a collaborare. Poco dopo ho iniziato
la mia umoristica esperienza di pendolare tra le due coste vivendo sia
a New York che in California, e un giorno sulla metropolitana mi è venuta
una canzone (Closing Doors). L’ho sentita nella mia testa come un ritmo
simile a un treno suonato da tre violoncelli. Mi è sembrato che la combinazione
di voce, tre violoncelli ed elettronica sarebbe stata eccitante sia da
un punto di vista sonoro che visivo, il che ben si accordava con la mia
filosofia della performance. Quello è stata l’inizio del ciclo di canzoni,
e da allora ho trascorso molti viaggi in metropolitana a comporre nella
mia testa.
In una nostra
precedente intervista hai discusso il modo in cui a quel tempo usavi
le superfici batteristiche, gli effetti e i pedali. Dato che vedo che
l’esecuzione di The Secret Language Of Subways prevede campionamenti
effettuati dal vivo e manipolazioni elettroniche mi farebbe molto piacere
se tu potessi parlarmi di questo aspetto del lavoro.
Nei miei primi
lavori in solo impiegavo i loop dal vivo principalmente sulla mia voce
per registrare e costruire una ricca combinazione di ritmi, armonie e melodie
senza l’uso di tracce preregistrate. In seguito ho cominciato a ricevere
commissioni per ensemble da camera, e ovviamente ho provato a mettere in
loop tutto quello che vedevo. Questo è stato davvero interessante – far
diventare un piccolo ensemble qualcosa che somigliava a un’orchestra multistrato.
Ma con un ensemble
questo effetto dovrebbe essere usato con giudizio e con un giusto scopo,
dato che la combinazione strumentale copre già lo spettro musicale. E una
composizione per ensemble apre la possibilità di creare musica composta
che non si basa su pattern e ripetizioni. Così cerco di bilanciare l’elettronica
con gli strumenti, prestando attenzione a che le qualità uniche degli strumenti
non vengano messe in ombra e che la libertà compositiva venga mantenuta.
In The Secret Language Of Subways metto in loop i violoncelli solo in certe
sezioni dove voglio un crescendo sonoro drammatico. In molte canzoni le
violoncelliste accompagnano i miei ritmi elettronici, in altre forniscono
da sole tutto lo spettro musicale.
Per l’esecuzione
di Subways mi sono avventurata in una nuova tecnologia, usando il software
Mobius invece del mio hardware Echoplex in modo da poter creare molteplici
loop che sfumano l’uno dentro l’altro in stereo. La parte tecnica è un
po’ un incubo, dato che comprende un mixer digitale, due synth, due laptop,
due interfacce di collegamento, tre microfoni per violoncello e il mio
DrumKat. Proprio come avviene con il mio show in solo, uso il DrumKat come
superficie di controllo per tutto – inviare comandi al looper e al mixer,
suonare la batteria, il basso o altri suoni di synth.
Vuoi parlarmi
dei vari stili musicali ai quali fai riferimento in The Secret Language
Of Subways? Nel tuo lavoro hai sempre usato un approccio multistilistico,
ma stavolta mi pare che tu abbia impiegato una tavolozza in un qualche
modo più ampia e parzialmente diversa.
Ritengo di starmi
avventurando maggiormente in direzione della composizione tradizionale
– musica scritta che viene suonata da musicisti che hanno ricevuto un’educazione
classica. Così questo lavoro ha una precisa aria da camera, pur mantenendo
tutte le influenze che rendono mia la mia musica: il cabaret, il techno-rock,
gli aspetti sperimentali e l’ampia gamma degli stili di canto, dall’operistico
all’urlato alla ballata cantata vicino al microfono.
E’ anche possibile
che la mia musica stia diventando un po’ più profonda e seria man mano
che io faccio più esperienza della vita e sviluppo osservazioni maggiormente
contemplative. Recentemente sono stata attratta dalla sfida di pervenire
alla bellezza e all’emozione pura SENZA fare affidamento sull’ironia e
sull’arguzia per comunicare le mie idee. E’ sorprendentemente difficile!
Per me a volte
è molto difficile cogliere i tratti, gli oggetti, gli schemi culturali
che usi quali riferimenti nel tuo lavoro. Ritengo di aver compreso il
tuo album precedente, Residue, un po’ meglio di The Secret Language Of
Subways. Pezzi come Be Careful, Body Parts e Dada Exhibit mi risultano
del tutto impenetrabili (e anche il titolo dell’album, davvero misterioso…),
con i piani di realtà che sembrano scambiarsi di posto nel corso della
narrazione. (Naturalmente non ti sto chiedendo di darmi un’interpretazione
letterale, ma solo… un punto di accesso.)
In effetti non
mi è difficile immaginare quanto debba essere difficile per un non-americano
afferrare quello che succede – la mia musica è MOLTO americana in molti
modi, dai riferimenti culturali al modo in cui mi prendo gioco della mia
lingua al modo in cui uso idiomi musicali americani. Ma questo lavoro in
particolar modo è più stratificato degli altri. Mi sono proposta deliberatamente
di sovrapporre in quasi ogni canzone eventi che riguardano il mondo ed
eventi di natura personale, tessendo insieme le immagini fino a produrre
qualcosa che è stimolante ma non completamente chiaro. (Ovviamente per
me le canzoni hanno un senso completo e perfetto!)
E in effetti
questo è uno dei molti significati del titolo: il Secret Language è il
linguaggio poetico che uso per esprimere me stessa in modo velato piuttosto
che manifesto. Ma un altro significato ha a che fare con gli stessi segreti,
il mantenerli e il rivelarli. La maggior parte delle canzoni mi è venuta
mentre viaggiavo in metropolitana, e la stessa metropolitana sembra avere
un proprio linguaggio misterioso: il mistero costituito dall’aspetto esteriore
delle persone così privo di espressione, il modo meccanico in cui tutto
funziona, il sistema di segnali sotterranei fatto di simboli e colori vivaci,
i tunnel che si incrociano e la pazzia apparentemente senza senso di tutta
la gente che corre di qua e di là… Qualche volta prova a prendere la
metropolitana di New York e capirai precisamente quello che voglio dire!
A tutto questo ho aggiunto immagini di guerra (una cosa che pesa molto
su molti americani), il 9/11, i disastri naturali e la vita di città in
genere – tutte cose che procedono metaforicamente in parallelo alle mie
esperienze personali.
Parliamo di
soldi, ti va? Ho visto sul tuo sito che c’è un sistema di donazioni che
hai usato per finanziare la prima esecuzione e la registrazione di The
Secret Language Of Subways. Puoi parlarmene? Come funziona?
In questo paese
la maggior parte del lavoro creativo di alto livello è finanziata da donazioni.
Quasi tutto il mio reddito proviene da donazioni di un tipo o dell’altro,
che sia io a fare domanda per una borsa o che un’organizzazione fornisca
il danaro. Le vendite di biglietti non coprono i costi della produzione,
e (nel piccolo mondo della "nuova musica") le vendite di CD spesso
non coprono i costi di registrazione. Dai un’occhiata al programma di qualsiasi
nuovo lavoro su ampia scala sia che si tratti di danza che di teatro o
di musica e vedrai una lista di soggetti che hanno contribuito finanziariamente,
da grandi aziende a singoli individui. E’ molto comune che gli artisti
richiedano donazioni – tutti capiscono che a volte questo è l’unico modo
che può consentirci di realizzare il nostro lavoro, in special modo nel
presente clima economico in cui il sostegno governativo e delle fondazioni
si è sensibilmente rimpicciolito.
Se facciamo
il confronto con l’epoca delle grandi case discografiche, oggi per gli
artisti è senz’altro più facile finanziare, registrare e pubblicare il
loro lavoro. E ovviamente non dobbiamo dimenticare la Rete. Ma se è indubbiamente
più facile per gli artisti essere "indipendenti e liberi",
il volume di quello che viene pubblicato rende quasi impossibile che
l’esistenza del singolo venga notata, e ottenere un’attenzione di massa
rimane finanziariamente impegnativo come sempre. Ritieni ci sia una via
d’uscita da tutto ciò?
Non è solo il
problema di essere notati, c’è anche quello di una sorta di
"ottundimento" che è frutto di una tale sovrabbondanza che ritengo
stia rendendo la vera qualità meno visibile; la Rete può essere "il
fattore che appiana tutte le differenze", ma vogliamo davvero che la
nostra musica sia tutta uguale?
A me sembra che
a prescindere dal medium quello che viene notato è ancora una combinazione
di marketing e degli impulsi imprevedibili delle persone. Per esempio adesso
abbiamo il fenomeno della musica e dei video che hanno la loro base sul
Web che per un motivo o per l’altro si diffondono a gran velocità. Ora
che chiunque può registrare musica, ci SONO davvero delle gemme che in
tempi passati non avrebbero potuto essere portate a compimento. E così
ho dei sentimenti decisamente contrastanti.
Per quanto mi
riguarda non sono mai stata brava a cercare di essere notata, e quindi
non ho risposte utili a questa domanda. Continuo semplicemente a fare musica
e sono incoraggiata dal piccolo seguito entusiasta che sembra apprezzarmi
solo per la mia arte. Inoltre, la musica registrata non è il mio primo veicolo
per essere conosciuta. Amo scolpire i suoni in studio, ma la maggior parte
del mio lavoro è pensata per essere suonata dal vivo (e questa è la cosa
per la quale sono maggiormente conosciuta), il che è una cosa che per sua
natura limita la quantità di pubblico ma che è così immediata ed eccitante
in ragione del rischio e dell’impegno fisico che richiede, tutte cose che
richiamano il pubblico a condividere un’esperienza. Durante una performance
è chiaro che l’artista o ha talento o non ce l’ha, o riesce a instaurare
un contatto emotivo o non ci riesce. Mi piace pensare che i grandi performer
risplenderanno sempre in mezzo a tutta la mediocrità.
Ti è capitato,
di recente, di ascoltare artisti e lavori che ritieni possiedano qualità
speciali e insolite che li rendono diversi?
Di recente ho
visto la "cantante di gola" esquimese Tanya Tagaq. Mi ha letteralmente
entusiasmato.
Ci sono progetti
recenti e futuri che vorresti discutere, oltre a Fill As Desired (che
uscirà su CD, vero?)?
Ho molte commissioni
per il 2010, inclusi un pezzo per violino ed elettronica, una partitura
da eseguire dal vivo come colonna sonora per un film muto e dei nuovi lavori
con le violoncelliste. E sì, spero di registrare presto Fill As Desired.
E poi ci sono
le mie fantasie: voglio prendermi una vacanza dai miei pazzi impegni per
rivisitare le mie radici di "artista sonora" e creare delle esperienze
puramente auditive che NON siano progettate per essere suonate dal vivo.
Voglio anche provare a creare un CD in pochissimo tempo, come reazione
al processo laborioso che affronto di solito.
Ho anche nuovamente
sviluppato un interesse per gli aggeggi analogici e gli
"alternative controllers" – ho un nuovo giocattolo chiamato Blippoo
Box creato dal mio amico Rob Hordijk, con una divertente interfaccia a manopola
facile da usare e un’antenna che somiglia a un Theremin e mi piacerebbe esplorare
altri strumenti che rispondono ai gesti. Ho anche delle idee per un pezzo
di arte indossabile che è uno strumento interattivo suonabile da altri.
Quasi all’opposto,
sono particolarmente interessata a comporre lavori che esplorano la potenza
dei grandi ensemble, specialmente i cori. In una direzione mi piacerebbe
lavorare con masse di gente e superare il bisogno di ampliamenti di tipo
elettronico, mentre nell’altra mi piacerebbe immergermi più intensamente
in quello speciale mondo sonoro che è possibile solo utilizzando l’elettronica.
© Beppe Colli 2009
CloudsandClocks.net | Dec. 21,
2009