Alan Purves
Hide & Squeak

(Brokken Records)

Batterista e percussionista ma anche – e su quest’album, quasi esclusivamente – strabiliante "uomo orchestra", Alan Purves offre su Hide & Squeak (trasparente il gioco di parole con Hide & Seek, l’espressione anglosassone che designa il giocare a nascondino) un quadro musicale cangiante e vivace che dietro vesti colorate e non di rado buffe cela una solida architettura e intenzioni coerenti.

Lo scorso decennio ci ha dato modo di ascoltare il Purves batterista-percussionista in una varietà di situazioni: sempre appropriato il contributo, notevoli le doti coloristiche. Lavoro la cui titolarità era condivisa con il pianista (preparato) Albert van Veenendal sotto la sigla Two Al’s, And The Cowgirls Kept On Dancing mostrava un lato diverso e per certi aspetti inatteso di Purves, qui impegnato a "percussion, squeaky toys, brim bram, little instruments".

Hide & Squeak è per molti versi la continuazione e la piena realizzazione di alcune situazioni presenti su And The Cowgirls Kept On Dancing. E se già su quell’album alcune delle fonti sonore restavano misteriose, qui l’ascoltatore si interrogherà spesso sull’identità dello strumento che sta ascoltando, con "tastiere", "bassi e contrabbassi" e perfino, di tanto in tanto, "chitarre" di indecifrabile provenienza accanto a più riconoscibili marimba, flauti e flautini, melodica, kalimba, voci e woodblock.

Non certo esclusivo motivo di interesse, l’aspetto timbrico è però elemento protagonista, con uno dei "sensi" della narrazione incorporato nella varietà strumentale. Felice matrimonio di opposti, con percussioni metalliche e squillanti accoppiate a sordi tamburi e una concezione "a strati" in grado di interessare l’ascoltatore ben oltre i primi ascolti. Melodie semplici che diremmo sovente dal sapore "folk" e "etnico", una concezione estetica da "serious fun".

Album che non teme di essere ascoltato a volume sostenuto, dove la masterizzazione dinamica di Chris Weeda e il lavoro di registrazione e missaggio di Davey Norket presentano la musica al suo meglio, con un impiego sapiente di echi e riverberi e un uso del passaggio dei suoni da un canale all’altro dello spettro stereo che conferisce al lavoro un che di "psichedelico" mentre lo avvicina alla dimensione "whoosh" della musica elettronica ai suoi albori.

L’album non è affatto difficile da ascoltare, solo… "altamente personale". Un fattore di cui Purves è consapevole, come evidenziato da qualche cenno di timore nelle note di copertina – "(…) this (I want to call it) music" – che pare voler prevenire reazioni dubbiose da parte dello spettabile pubblico (non) pagante. Li diremmo timori infondati, certi che Hide & Squeak troverà un suo pubblico.

Una descrizione particolareggiata corre il rischio di risultare ridondante e ripetitiva. Qui di seguito solo qualche cenno.

Who’s There apre il lavoro con corde e metalli in glissando, voci misteriose, una "tastiera" a dare gli accordi, percussioni e note basse a incorniciare la conclusione.

Ghost Ship apre con una figura di basso che procede a passo felpato, entra un’aria melodica con flautini, come una giga eseguita a passo rallentato, un glockenspiel a formare accordi, percussioni quasi vibrafono che riprendono la linea melodica dei flautini, bella chiusura di percussioni melodiche.

7 ate 9 ha un tempo vivace, accordi, tamburi, un’aria "folk" divisa tra marimba e pennywhistle, poi la marimba su un tempo diverso, tamburi grossi, latrati di cane?, per un pezzo che fa buon uso di variazioni metriche. C’è un intersecarsi di arie diverse a formare un incastro ritmico, finale con un "canto pigmeo".

In A Place In Space vede una melodia per "flauto spaziale" suonare in un silenzio rotto soltanto dal tipico "soffio" dei veicoli spaziali. Melodia delicata, c’è anche una sezione per timpani. Un momento suggestivo.

Zombie Wackers ha un tempo marziale e cadenzato, giro di basso, marimba, versi animali, per un ipnotico andamento tribale.

Under The Bramble Tree vede in apertura una melodia vocale a bocca chiusa, metalli a fare contrappunto, un’armonica a bocca a eseguire una pigra e semplice melodia "folk".

Speeding Down & Slowing Up apre con una figura di basso a fare da pedale, percussioni, strati vocali, tempi che – come da titolo – accelerano e decelerano, un intermezzo per metalli e versi di uccelli che ci ha ricordato – ma non sapremmo spiegare il perché – una versione "giungla" del Modern Jazz Quartet. Taglio, cesura quasi techno, si torna a strati vocali frenetici. Un brano che è un vero mash-up di stili e culture.

Crystal Eyes apre con metalli, suoni di shakuachi, woodblock, una bella melodia che spunta dal nulla. Inserto di conga/rullante con spazzole a inserirsi. Per chi scrive, uno dei punti più alti.

Pig Happy ha versi di maiale in ¾ appoggiati dalla fisarmonica e una melodia malinconica per glockenspiel che pare venire da un carillon che è tra i momenti più belli dell’album. Dopo un momento solo per carillon torna la fisarmonica seguita da un quartetto vocale di maiali.

Gunga’s Din è un momento che rimane anche dopo che l’album è giunto alla fine. Una figura di "contrabbasso" con eco ribattuto, metalli, poi il contrabbasso "asciutto" con aria "swing", piatti, shaker, poi una sezione B con stridii, basso insistito, effetti. Il brano prosegue alternando le due sezioni. Un altro momento alto.

Amar Rock’n ha una melodia per flautini sorretta da percussioni, un effetto bizzarro che non sapremmo come rendere, rumori di uccelli, un flautino melodico, piccole tablas, poi il brano orchestra con fantasia timbrica il disegno iniziale.

Still Standing Still (at 694 km/s) è un altro momento alto. Apre con legni e metalli a note singole, frase melodica, accordi, una fresca melodia, tamburi a fare contrasto, si passa dal rubato al cadenzato, a 3′ 50" entra una nota lunga come di cornamusa su una kalimba per un quadro altamente poetico.

Till Squeak Shuts Up ha un disegno ritmico stretto, una frase melodica che pare eseguita su un’ocarina, varie percussioni.

Hide & Squeak ha una babele di versi di uccelli starnazzanti, poi un insieme che – anche qui, non sapremmo dire perché – ci ricorda un’esecuzione di jazz degli anni venti ascoltata su un vecchio 78 giri, un ensemble di clarinetti e trombe sordinate, con la parte solista di clarinetto o violino affidata a un uccello. Davvero bizzarro!

Beppe Colli


© Beppe Colli 2017

CloudsandClocks.net | Dec. 10, 2017